Poetry

Stati d’animo colorati

Il colore è da sempre materia di teorie e analisi, non solo dal punto di vista chimico o fisico, ma anche da quello psicologico ed estetico.

Secondo la fisica, il colore deriva dalla scomposizione della luce e viene misurato in lunghezze d’onda, mentre dal punto di vista filosofico e artistico, è impossibile non citare Vasilij Kandinskij, considerato uno degli psicologi del colore, che diceva:

In generale il colore è un mezzo per influenzare direttamente un’anima. Il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima. E’ chiaro che l’armonia dei colori è fondata solo su un principio: l’efficace contatto con l’anima. Questo fondamento si può definire principio della necessità interiore.

Secondo Kandinskij infatti, qualsiasi colore produce un effetto sull’anima. Ecco perché viene ad instaurarsi un rapporto molto ravvicinato tra arte e spirito, in cui lo scambio e il contatto avviene in maniera vicendevole.

A proposito, anche noi abbiamo voluto apportare questo concetto al nostro lavoro. Gli “Stati d’animo Colorati” sono appunto la commistione di colori, illustrazioni e parole, che abbiamo impresso su carta e poi portato online per condividere con tutti voi.

Così, ogni stato d’animo si è tramutato in un colore, in una delle sfaccettature dell’anima, che la poesia ha poi raccontato nelle righe qui di seguito.

Qual è il vostro colore? Quale stato d’animo
in questo momento vi rappresenta di più?

…TENACE

Mi immergo nella vasca,
osservo il mio corpo ricoperto dall’acqua,
così trasparente,
mi sembra di osservare un acquario con dentro me…
Mi sento stanca…
Sono immersa nel silenzio,
unico compagno ammesso per tentare di rilassarmi un po’…
Mi assale la paura di non farcela,
di non essere abbastanza,
mi assale l’ansia di non riuscire:
se sono già a pezzi ora? E quando avrò un figlio?
Potrò ancora permettermi di essere stanca così?
di galleggiare dentro questa vasca piena d’acqua?
Mi giro su un fianco,
in posizione fetale,
il cuore mi si stringe,
l’inquietudine viene a galla e vuole mettermi la testa sotto
inizia una tacita guerra
tra me e lei,
se vuole sopprimermi,
ha sbagliato bersaglio!

…ROMANTICA

L’amore, un perenne equivoco!
Incastro tra sogno e realtà,
via di mezzo tra fantasia e concretezza
racchiude nella stessa essenza
due mondi paralleli,
così diversi tra loro,
da scontrarsi violentemente
senza tregua,
incapaci di arrivare
ad un accordo definitivo…
L’amore,
delusioni e gioie effimere!
Continui sbalzi d’umore,
lunatici discorsi,
parole continuamente
in bilico sulle righe di un foglio…
Sentimenti veri?
Emozioni uniche?
Per Sempre? No…
Illusioni portate dall’età…
Idee credute giuste
e rivelatesi infondate…
Visioni,
miraggi,
incanto…
Nulla di
più…
Solo la
triste realtà di una fredda ragione!

…POTENTE

Turbinio di emozioni,
mi sento spezzata in due, due parti di una mela che non si riappiccicheranno più.
Sì, perché quando tagli in due,
lo fai per dividere per sempre, la divisione è sempre per sempre,
 perché? 
Perché nel momento in cui lasci qualcosa,
non tornerà mai più come prima,
non appena riprendi da dove avevi lasciato, ti accorgi che è già evoluto tutto
un’altra
volta, e per sempre.
A me questo
è successo oggi.
Sono sempre stata la spettatrice di una divisione,
ma i protagonisti erano gli altri,
questa
volta invece tocca a me.
Non sono più quello che ero,
io ed io ci siamo divise,
sono un’altra io,
un’altra me,
una nuova me,
che desidera altro da sé stessa.
Guardo
fuori dalla finestra, la giornata è grigia, non promette bene
Guardo dentro il mio cuore, sempre quel turbinio di emozioni, che promettono bene, invece.  
Rimango a guardare interno ed esterno di tutto questo,
è un qualcosa che ha un non so che di ossimorico.
Mi piace.
Dividersi, per arrivare a qualcos’altro,
e poi desiderarlo, possederlo e sentirlo dentro di sé,
per tentare di riempire quello stupido vuoto
che quella divisione ti ha lasciato.

…ALIENATA

Stanchezza di nervi
Stanchezza di impulsi
Stanchezza di testa
Stanchezza, punto a capo.
Questa è una vita diversa, a cui non ero abituata,
Questa è una vita che ti fa competere con la tua capacità di avere a che fare con
rassegnazione
impotenza
e demotivazione
Questa è una vita fatta di bassi,
fatta di assenza di stimoli,
assenza di lividi,
perché tanto non ti muovi, sei costretta a star ferma e immobile
a guardare la gente passarti davanti,
a guardare la fila che scorre sotto ai tuoi occhi
stanchi di guardare
stanchi di fare il loro lavoro
stanchi di essere i tuoi occhi.
Vita di sopportazione
Vita di inquietudine
Vita di frustrazione
Questa è vita,
va bene così
punto
fermo.

…ANNOIATA

La vita capita, tutto qui.
Il resto sono solo obblighi e favori esistenziali.
Niente
serve a niente. Anche se molti vi diranno che non è così.
È tutto un enorme inutile spreco.
Spreco di tempo,
di pioggia,
di sole.
Le grandi e
le piccole cose.
Una qualsiasi
di queste serve ad alleviare questo dolore terreno: scontare la condanna di
vivere.
Siamo pesci rossi, che da una boccia di vetro verranno travasati in acquario,
credendo di aver guadagnato la libertà,
ma ben presto si accorgeranno dei loro nuovi confini:
così tutto sarà di nuovo angusto,
senza via d’uscita.
È soltanto un disorientamento, che capita sempre e ancora, di tanto in tanto
un beffardo smarrimento senza senso.
Puoi illuderti, certo, 
ma se ti trovi solo un attimo a pensare,
beh…
tutto è solo un inutile spreco.

…MALINCONICA

Ci sono giorni in cui ti penso ancora,
in cui vorrei ancora averti qui,
quei momenti in cui vorrei condividere ancora tante cose,
tanti giochi, tanti posti,
tanti cibi, tanti libri,
tante parole, tanti discorsi.
Quei momenti in cui vorrei sentire la tua voce che mi dice cosa dovrei fare,
vorrei proprio sentirmelo dire, per avere la certezza
che stia andando nella direzione giusta.
Quei
momenti in cui vorrei sapere da te cosa sia meglio decidere.
In quei giorni è una mancanza mortale,
e perciò mi sorprendo nell’accorgermi che
rimango incantata a guardare qualsiasi cosa,
un paesaggio, una macchina che sfreccia veloce,
un bambino in braccio al suo papà,
una vetrina di un negozio,
che restituisce il riflesso di una me impalata e inebetita,
come se l’assenza di te mi risucchiasse
all’interno di un purgatorio da cui non riesco più ad uscire
e mi lasciasse imbambolata,
mentre l’inesorabilità della vita continua a comandare ai suoi eventi
di andare
avanti.
In quei
giorni La Mia Vita sembra non andare avanti.
Poi quei giorni passano,
lentamente mi ridesto,
inizia l’ennesima riabilitazione di me stessa.
Dentro di me un cuore di caos e di vuoto
combattono un’eterna battaglia.

Stories

Controsensi cubani, ammmmmmericani e tiende improvvisate

Era arrivato il momento di uscircene da Varadero. Stare con le chiappe al sole tutto il giorno stava diventando scontato e noioso. Avevamo bisogno di una dose-di-Havana, la vera faccia di Cuba!

La chica del club di animazione ci prenotò senza esitazione per il giorno a venire uno di quei mini-bus puzzolenti per raggiungere il centro dell’Havana.

L’indomani ci alzammo di buon mattino. Bisognava trovarsi fuori dal resort tassativamente alle 7 e i ritardatari non sarebbero stati aspettati. Una volta partiti, la guida fece del suo meglio per esprimersi in un italiano abbastanza decente da farsi intendere da tutti noi cristiani verdi-rossi-bianchi. Ci spiegò la storia della città, la dittatura di quel simpaticone di Fidel Castro e il modo di vivere dei cubani, che altro non è se non un eterno bighellonare in attesa che lo Stato ti dia qualcosa da fare, come un lavoro, che non si può rifiutare, o una missione militare, quelle vanno molto forte, tanto che Cuba è lo stato con più scuole di addestramento militare del mondo! Uno stato così piccolo… ma dove ad ogni angolo, anche in quello più remoto, dove solo le mucche dall’aria infelice e un po’ sciupata brucano le sterpaglie secche, si vedono scuole militari.

Cuba era un accidente di paradosso: decantata come il paese della Revoluciòn e della libertà, ma all’atto pratico un insieme di controsensi e bizzarre contraddizioni. Liberi da che? Come direbbe il buon Vasco… Gli abitanti sanno che non possono uscire dalla loro piccola isola da sballo; se lo fanno e poi accidentalmente decidono di fare rientro in patria, li aspetta un bel comitato di benvenuto!! Purtroppo, una volta che si esce da Cuba, per lo stato cubano vige l’equazione: cubano fuori Cuba = non più cubano VERO. Perciò, il solo diritto che ti spetta è quello di morire. A meno che non “si fugga” da Cuba, ammogliato/a ad uno/a di quei/quelle grassi/e uomini/donne “ammmmericani/e”, che sono il passaporto per fare avanti e indietro dalla isla quando lo si desidera.

L’Havana ci stava aspettando ed era così emozionata di averci lì, che si commosse tanto da scatenare un cavolo di acquazzone, che ci inzuppò per benino!

Grazie, Havana, non era il caso…” – pensai tra un’imprecazione e l’altra.

Ci rifugiammo sotto le tende di un bar e aspettammo che la città si riprendesse dall’emozione. A Cuba i temporali vanno e vengono, come i fidanzati e le fidanzate a quindici anni. Dopo, torna subito il sole e non ti ricordi più di tutta l’acqua che è scesa un attimo prima, proprio… come a quindici anni!

Per le strade tanti colori, risate, chiacchere, passi frettolosi e bivacchi. Il sole illuminava tutto così bene, che nulla passava inosservato ai miei occhi pieni di curiosità e meraviglia. Il mare era sempre lì, lo abbiamo salutato dal Malecòn (il lungomare che abbraccia tutta la costa), facendoci anche un video per ricordarci quanto Cuba potesse essere romantica ed underground allo stesso tempo: da un lato una schiera di catapecchie, più o meno traballanti, più o meno con tetto, porte e finestre, dai colori sbiaditi, dai muri scrostati e dalla pulizia poco linda. Dall’altro il mare, sempre bello, sempre cristallino, sempre a rappresentare la parte più cool di Cuba, quella per cui la maggior parte dei turisti si spara nove cazzutissime ore di volo.

La specialità dell’Havana non è un particolare piatto tipico, ma la genuinità della gente: sembra tutta indaffarata, affaccendata in chissà-che-cosa, tanto non lo capirai mai, stai sereno e mettiti l’anima in pace.

Si va, si viene, si corre in motorino, in bicicletta, a piedi, sull’ape, qualsiasi mezzo di trasporto è buono per girovagare apparentemente senza una meta.

Agli angoli delle strade, ci si aspetta con una birra in mano, il cappello calcato in testa, mani nelle tasche di pantaloni luridi e sgualciti. Sguardi un po’ sornioni si stampano nella calura della giornata. Una signora esce da un tienda improvvisata a macelleria, portando tra le mani a mo’ di trofeo del petto di pollo appena tagliato (senza nemmeno una carta attorno… “Aiuto… come arriverà quel pollo a casa?”, ho pensato), due ragazzi sghignazzano tra loro con del pane sotto il braccio e un signore anziano cerca di farsi spazio portando sulla sua bicicletta un mobile del bagno tutto ammaccato, ma che ci farà mai?

Non lo scopriremo nemmeno vivendo!

In alcune zone dell’Havana non c’è asfalto sulla strada, non ci sono i marciapiedi, si cammina, stop.

“Non farti domande”, mi disse la guida, “tanto le risposte non le sappiamo nemmeno noi che siamo nati qui!”.

E chi ha intenzione di farsele? In fondo vorrei passare anche io delle giornate in questa maniera, alla cubana. Un po’ di scazzo non ha mai fatto male a nessuno, “Stai tranqui, frà”.

È come se conoscessi già Cuba: sono cresciuta con le storie e gli aneddoti, che mi raccontavano i miei nonni, che l’hanno vissuta sulla loro pelle di lavoratori stranieri per un po’ di anni.

Le sue vie, i suoi palazzi dittatoriali, le sue case abbandonate piene di calcinacci: sono qui per vedere dal vivo con i miei occhi tutto questo.

Quando qualcuno non sa guidare, mio nonno urla sempre “Guidi come un cubanoooooo!”, alternando l’affermazione con un’altra, che dice pressappoco così: “Questa è proprio una manovra cubana!”.

L’uso del clacson non è un consiglio, è un ordine, un obbligo: chi non usa il clacson, è un turista o un fighetto perbene. Il clacson serve per salutarsi, per far capire alla città che si è arrivati a destinazione, per dire all’altro di levarsi dalle balle, per fare un complimento ad una bella ragazza, per chiamare qualcuno quando si arriva sotto casa sua, e così via. Ogni cubano tiene molto al suo clacson, anche perché la macchina non è un bene che hanno tutti, perciò quando la si possiede, se ne usano tutti gli accessori… e il clacson è il più importante.

All’Havana si vedono ancora più macchine ammmmmmericane e sovietiche rispetto che a Varadero: i loro colori sgargianti fanno in modo che tu le veda da un chilometro di distanza. Da lontano sembrano tanti frullati giganti colorati, che si avvicinano rombanti e frenetici per divorarti. Ne ho viste di ogni tipo e marca, dalle Cadillac rosa alle azzurre Chevrolet, ma anche Ford, Oldsmobile e Chrysler, c’è né di tutti i gusti.

Si manifesta a questo punto un altro paradosso cubano: l’odio verso lo stato americano, sempre dimostrato, ostentato e gridato… mi sta bene, però ancora oggi vengono utilizzate le vecchie macchine risalenti al periodo pre-1959? Altra cosa a me non chiara.

Quanto è bella Cuba?

Perfetta così, con tutte le sue contraddizioni e i suoi casini.

Stories

What’s up in this blog?

Nice to meet you!

Ciao World Wide Web

Il blog di Red and Blue atterra nel gigantesco mondo della tripla W!

Vi starete chiedendo come mai siamo qui o perché esistono ancora persone che hanno la malsana idea di aprire un blog (“Ce ne sono mille, no?”), ma soprattutto vi chiederete come faremo a non essere uguali a tutti gli altri blog esistenti su sacrosanta madre-Terra-digitale.

Niente paura, diceva un famoso cantante. Non vogliamo raccontarvi cosa mangiamo attraverso foto ultra-mega-fighe o fotografarci con addosso uno dei capi esibiti all’ultima Milano Fashion Week!

Vogliamo RACCONTARE, DISEGNARE, ESPRIMERE, in uno spazio in cui essere semplicemente NOI.

Red and Blue imprime con PAROLE ILLUSTRATE piccoli ritagli di vita, pillole d’amore, amicizia e lavoro. SCRIVE di musica colorata: quella da ascoltare dopo una giornata impegnativa o in vacanza. PARLA di libri, li consiglia e li raccomanda in base a quello che si è provato durante la lettura.

Scrivere e disegnare è ciò che più ci rappresenta, ciò che più identifichiamo con la parola “passione”.

Dietro a Red and Blue non ci sono copywriter, fotografi o registi, ci siamo noi, attraverso i nostri testi e la nostra arte.

Buona permanenza nel nostro habitat 😊