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Il mio primo libro è in procinto di essere pubblicato!

Volete saperne di più? Leggete questo post!

Il mese di agosto è appena trascorso, ma già mi manca molto. Rispetto agli scorsi anni, è stato un mese per niente riposante, anzi… la mia routine giornaliera è stata convulsa e poco vacanziera, inoltre ad allietare questo moto perpetuo di eventi e novità, è giunto anche il momento, in cui ho preso coraggio e, insieme alla casa editrice Letteratura Alternativa, ho deciso di buttarmi a capofitto nell’avventura del crowdpublishing, per portare alla pubblicazione il mio primo prodotto editoriale, il mio romanzo, il mio libro.

Dal 16 agosto (l’inizio di questa bellissima sfida), mi sono messa in gioco e mi sono piacevolmente sorpresa nell’accorgermi che, molte persone attorno a me avevano piacere di sapere cosa avevo da dire. Le due domande che mi sono state fatte maggiormente sono, appunto,

<<Perché hai scritto un libro?>>

<<Di cosa tratta “La figlia sfuggente”>>.

Ho deciso, perciò, di scrivere un post sul blog a proposito di queste questioni, per svelare qualche retroscena, che per il momento ho tenuto solamente per me, e per illustrare meglio la trama di questa mia prima produzione letteraria.

Non posso negare che, da quando ho cominciato a capire qualcosa di questo mondo, la mia più grande ambizione è sempre stata quella di diventare una scrittrice, parola che mi ha fatto sempre un po’ tremare e sussultare ogni qual volta volevo o dovevo pronunciarla. È un vocabolo, che mi intimorisce non poco, a tratti mi inquieta, più che altro perché provo un grandissimo timore reverenziale per lei! Stimo tanto, troppo, scrittrici del calibro di Elsa Morante, Isabel Allende, Emily Bronte, Jane Austen, Oriana Fallaci, donne che secondo me sono scrittrici con la S maiuscola e che incarnano i miei modelli di ispirazione. Ciò che mi ha sempre appassionato della scrittura è il suo aspetto primordiale di bisogno, che la specie umana ha da sempre rincorso: il desiderio di lasciare impressa una traccia fisica, tangibile, che solamente a voce non riuscirebbe ad attraversare il lunghissimo (e infinito) tragitto, che il tempo ci obbliga a sottostare. Infatti, i latini erano saggi… “Verba volant, scripta manent”. La scrittura è un vero e proprio bisogno, che fossi in Maslow avrei aggiunto proprio alla base della piramide, insieme a cibo e acqua 😊. Io scrivo sempre. Questo è l’assunto certo della mia vita. Una specie di legge personale, che applico quasi quotidianamente e mai prendo sottogamba.

L’idea di scrivere un libro è nata più o meno tre anni fa. La conclusione del mio primo lavoro non è andata a buon fine: mi sono resa conto che scrivere “su commissione”, ovvero, scrivere un argomento caro a qualcun altro, non era la mia strada. La scrittura ha bisogno di verità e affezione. Così sono tornata sui miei passi iniziali, ho accantonato quella prima “creatura” e ne ho iniziate tre diverse! Sì, proprio tre! Ho voluto lasciarmi cullare da loro e piano piano una di queste mi ha preso la mano (un po’ di più) e mi ha dato un bello strattone, che mi ha suggerito di lasciar perdere le altre due e di proseguire solamente con lei.

Ecco come è nata “La figlia sfuggente”: un mix di argomentazioni e problematiche, che mi stanno a cuore da tanto tempo e che sento dal profondo dell’anima, tanto da scriverci un libro, una storia, che arrivi a sensibilizzare le corde del cuore di tutti coloro che lo leggeranno, per sensibilizzare, per capire quanto siano importanti le relazioni familiari e come ci plasmino fin dalla tenera età.

Da un anno a questa parte, da quando ho capito che “La figlia sfuggente” sarebbe diventata una pietra miliare importante nella mia formazione personale, seguo questa direzione e spero che ciò che scrivo possa essere d’aiuto a tutti coloro che approcciano questo romanzo, appena nato 😉

Se non avete ancora letto la sinossi, la riporto qui di seguito:

Il rapporto genitori-figli è uno dei più complicati e avventurosi… Lo sanno bene Claudio e Francesca, rispettivamente padre e figlia, ingabbiati dal destino in quel legame biologico e obbligato, a cui non possono sfuggire, ma solo arrendersi e sopportare. Fin dal principio, il loro rapporto è complesso, a tratti confuso e certamente ingarbugliato. Gli unici mezzi di comunicazione, che riescono a tenere in vita la loro relazione, costellata di assenze e silenzi, sono le tante cartoline che Claudio spedisce a Francesca durante i suoi viaggi di lavoro e non. Palliative, ma, allo stesso tempo, fautrici di una distanza che diventa sempre più incolmabile con il passare degli anni; le cartoline significano per Francesca l’unica testimonianza a cui aggrapparsi per combattere contro le sue paure nei confronti del passato e del futuro. Attraverso il passare del tempo, che trascorre tra l’infanzia e la giovinezza, la protagonista racconta la sua vita, scandita dal ritmo della lettura di quelle cartoline paterne.

La copertina e le illustrazioni del libro sono a cura di Giulia Cerrato, co-founder insieme a me di questo blog e illustratrice di tutti i post, che mensilmente produciamo per voi!

Se questo articolo vi ha incuriosito e volete aiutarmi a raggiungere l’obiettivo delle 100 copie, potete preordinare una copia del romanzo, cliccando qui 😉

Grazie a tutti per il supporto!

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“Disincanto”, il nuovo libro di Matteo Zanini!

Cari lettori,

oggi vi parlo del nuovo libro, fresco fresco di stampa, di Matteo Zanini: DISINCANTO.

Era da qualche mese che volevo leggere qualcosa di Matteo: ho infatti nella mia wishlist da un po’ di settimane “Catherine”. Non appena ho saputo però di questa new entry, ho voluto acquistarlo subito e tuffarmici dentro all’istante!

Matteo è uno scrittore con uno stile d’altri tempi: niente a che vedere con la letteratura moderna, il suo stile è qualcosa di più aulico e delicato, che tocca fin dalle prime pagine il cuore, avvolgendolo in un’atmosfera lontana e antica. La sensazione è quella di rivivere per davvero un tempo indietro, quando le buone maniere non erano considerate antiquate e la scrittura era pregiata e ben studiata.

Vorrei, prima di tutto, però sottoporre “Disincanto” ai 3 punti della #recensioneblue:

1) LA TRAMA. La famiglia Hardy è composta da quattro personaggi: Margaret, la protagonista, figlia del Signor Hardy e di sua moglie Viola, e Jake, il fratello maggiore. Margaret Hardy è una giovane ragazza, che vive il sogno di diventare una scrittrice affermata, ma che allo stesso tempo risente del trasferimento inatteso nel Rebshire, vivendo un periodo di sfiducia nei confronti della sua creatività letteraria. Tra colpi di scena e il ritrovamento di un’antica lettera, l’autore riesce a far vivere al lettore pathos, suspence ed emozioni interessanti!

2) IL PARAGRAFO DEL CUORE

La scrittura è un’attività spontanea: permea i giorni col ritmo dei suoi desideri. Carta e calamaio fissavano con impazienza la figura entusiasta di Margaret, che stava loro di fronte. Si instaura un rapporto di intimità tra la mano e la penna, quando entrambe si scelgono per creazione di una storia dapprima inesistente; è una danza, un romantico vorticare nel tremolio incerto e bisognoso di una fiammella tiepida.

3) DA LEGGERE SE… avete la sensazione di essere nati/e in un’epoca che non vi si addice!

È stato facile immergersi nel personaggio di Margaret Hardy: mi sono sentita subito sulla sua stessa lunghezza d’onda, quasi che i suoi pensieri e le sue caratteristiche illustrassero a pieno ciò che penso di essere. Leggere la sua storia è stato come vedere me stessa trasportata in un viaggio a ritroso nel tempo. Margaret è una ragazza semplice, ma allo stesso tempo molto determinata, ma che rimane umile, anche quando ha l’impressione di essere stata “scelta” da una casa editrice. Mi è piaciuto molto il modo in cui Matteo ha dato una connotazione diversa, ma così espressiva ad ognuno dei personaggi, che hanno una particolare sfumatura, che li rende inequivocabili!

La parte che più mi è piaciuta è quella dedicata alla scrittura, quelle pagine sono davvero… vere! Mentre le leggevo, ho avuto la sensazione di essere finalmente compresa e di vedere in quelle righe qualcuno che la pensava proprio come la penso io.

ma quale può essere il ruolo di un aspirante scrittore se non quello di consentire alle piccole sorgenti di raggiungere i fiumi più ampi?

Nel libro di Matteo Zanini si celebra la scrittura, sotto forma di sacrificio, passione, ispirazione, creatività, ricerca e speranza. Per alcuni è solamente un mezzo, ma per altri, come per Margaret, è la propria vita, l’aspirazione più grande, un’ambizione talmente importante, da tenerla sempre in tensione e sovrappensiero. Matteo riesce a contornare la strada che Margaret percorre verso la realizzazione del suo sogno con piccoli passaggi, che danno modo di riflettere e soffermarsi.

È strano notare come, talvolta, si ricercano delle conferme a sensazioni di cui già conosciamo la veridicità; sembra quasi che il nostro istinto non basti, che il lato irrazionale e ancestrale di noi debba trovare il proprio riscontro nel mondo concreto. Bizzarra è la mente umana, groviglio ozioso di desideri inesprimibili.

La storia prosegue, non mancano i colpi di scena e alcune piccole sorprese, disseminate qua e là… non voglio svelare niente, però! Assolutamente da leggere e scoprire!

“Disincanto” è il messaggio che tutti gli <<aspiranti scrittori>> dovrebbero leggere, le sue pagine contengono vere e proprie perle, da custodire e da rileggere, di tanto in tanto. Bravo, Matteo!

“Disincanto” è edito dalla casa editrice Literary Romance, si può acquistare dal loro sito o su Amazon.

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I racconti del disagio, una new entry nel catalogo di Caravaggio Editore

Cari lettori,

avete sfogliato nell’ultimo periodo il catalogo di Caravaggio editore? Se avete seguito alcune mie stories su Instagram, avrete visto che tra i miei ultimi acquisti c’era il nuovo libro di Luca Maletta, intitolato “I racconti del disagio”.

Ispirata solamente dal titolo, ho deciso di inserirlo immediatamente nel carrello e di completare l’acquisto! Il disagio… sicuramente, una condizione, che soprattutto in questi ultimi due mesi, un po’ tutti abbiamo avvertito e almeno una volta nominato! Mi ha incuriosito tantissimo anche l’impaginazione del libro, cosa che ho potuto notare secondariamente, quando il libro era pronto per essere sfogliato. Molto originale la stesura delle pagine, come se il libro fosse ancora sotto forma di bozza. Man mano che si leggono i racconti, si trovano qua e là commenti e appunti, lasciati apposta proprio dallo scrittore: un’idea carina, ma anche un modo per coinvolgere maggiormente il lettore.

Andiamo, come sempre, ad analizzare il libro attraverso i 3 punti che caratterizzano la #recensioneblue:

1) LA TRAMA. Non esiste una trama, proprio perché nel libro sono contenuti ben 34 racconti, ognuno dei quali illustra un episodio a sé stante, ma il fattore comune è proprio il disagio, la condizione che attanaglia i protagonisti delle varie storie.

2) IL PARAGRAFO DEL CUORE proviene dal racconto n. 16, che parla di una anziana signora, che si presta come modella per una giovane pittrice, che le fa un ritratto (da cui ha origine il titolo di questo racconto). Non voglio svelare oltre, perché secondo me vale la pena che venga letto 😊. Per il momento gustatevi il mio paragrafo preferito!

<<Sei una così bella ragazza, è un peccato tu non stia bene con nessuno.>>

<<Non ho bisogno di qualcuno per stare bene>> fece la giovane.

Teresa non si scompose.

<<Certo, hai ragione. Non volevo suggerirlo. Solo dovresti stare lì fuori a vivere, invece che startene rinchiusa con una vecchia. Hai delle amiche?>>

Di nuovo, Sara scosse le spalle. Teresa lo riuscì a vedere appena.

<<Preferisco gli anziani.>>

<<E perché?>>

Sara si accorse di non aver mai pensato veramente a una risposta.

<<È illuminante.>>

La modella non parlò, lasciando fosse la pittrice a continuare.

<<Ci vuole tempo per capire cosa ti stanno dando, e questo mi piace. Non so, forse sono anziana dentro.>>

Teresa sorrise.

<<Non è possibile. Invecchi quando hai perso tutto.>>

<<E si può restare giovani da vecchi?>> chiese Sara.

<<Non lo so. Spero di sì>> bofonchiò l’altra – poi aggiunse: <<Perché dipingi le persone anziane?>>

Evitando la risposta, che comunque aveva già dato, la pittrice disse: <<Mi piacciono le ragazze.>>

Teresa ne fu sorpresa, ma volle mostrarsi moderna.

3) DA LEGGERE SE… siete alla ricerca di un libro, che vi faccia uscire alla grande da questa quarantena! A me ha ricaricato!

Quanto disagio esiste dentro ognuno di noi?

Leggendo ciò che Luca Maletta racconta con tanta sincerità e malinconia ho pensato che alcuni dei ricordi personali più impressi nel cuore siano proprio quelli, in cui mi sono sentita a disagio: una situazione, un gesto, uno sguardo sbagliato, una frase nascosta in mezzo a tanti pensieri buttati alla rinfusa in una discussione. Ciò che più torna in mente è proprio quella sensazione di fastidio e di antipatia, quei momenti, in cui “avresti voluto dire…” – “avresti voluto essere…” – e così via…

Leggere “I racconti del disagio” non è stata una “passeggiata”: non fraintendetemi, è stata una lettura molto significativa, ma allo stesso tempo una di quelle che definisco <<disturbante-dell’animo>>, perché va a toccare corde sensibili del cuore, proprio quelle che vorremmo tenere al riparo.

Prediligo, tuttavia, letture di questo tipo, sono quelle che permettono di riflettere e che trasmettono umanità, che fanno capire che a questo mondo c’è ancora qualcuno che si accorge dell’essere umano, in quanto tale, e non solamente in quanto apparenza e fisicità!

Ogni storia che Luca racconta mettere in risalto la passione, la disperazione e la fragilità degli esseri umani coinvolti. Di fronte alla cattiveria, che la Vita amaramente ci prospetta, siamo tutti spauriti e senza mezzi. Non riusciamo a uscirne, ma soccombiamo penosamente, anche se opponiamo resistenza, anche se ci ribelliamo, anche se alziamo la testa. La lezione finale è sempre la medesima: la Vita è più forte di tutto ciò che pensiamo sia al di sopra e il conto da pagare è obbligatorio per tutti, purtroppo.

Oltre a “Il ritratto”, ho apprezzato molto:

  • Il racconto n. 3 “Estinzione”, a metà tra un sogno e un mondo distopico, lo stile di Luca Maletta è molto ermetico, non sempre svela, ma piuttosto cela, mettendo il lettore nella condizione di compiere quel collegamento tra sinapsi, per comprendere al meglio il significato del suo messaggio!
  • Il racconto n. 7 “La Vacca”, quello che mi ha fatto maggiormente rabbrividire e rattristare, tanto da voler entrare io nella storia per fare un po’ di giustizia tra i vari personaggi 😊

A volte, neanche si presentava in classe, con la mente. Il suo corpo poteva essere lì, tutto composto, col giacchetto addosso e lo zaino in spalla, ma la mente no – quella era lontana: rivolta a ricordi lontani. L’asilo, il cortile; lei che era una bambina come tante: né speciale, né diversa.

  • Il racconto n. 18 “Diverse melodie”, come si suole dire: breve, ma intenso!
  • Il racconto n. 29 “Il giacchetto”, così triste, così ingiusto!
  • E per finire il racconto n. 33 “Carta bruciata”, in cui affiora la falsità e la mancanza di empatia tra gli uomini, tra l’altro amici…

I racconti del disagio” è disponibile sul sito di Caravaggio editore, dategli un’occhiata, mi raccomando!

Stories

Flusso di coscienza da lavaggio denti con spazzolino elettrico

Ho un sonno da svenire, ma devo lavarmi i denti… Impugno lo spazzolino elettrico, comprato con la speranza di sfoggiare un sorriso alla Julia Roberts il prima possibile, e mi lascio cullare dal suo ronzio.

Destra, sinistra

Su, giù

Tenero spazzolino rosa, sfrega bene le gengive, eh..

Non lasciare nessun residuo, mi raccomando…

Lucida a puntino canini e incisivi, che quelli si vede subito quando sono fuori posto…

Chissà se è vero per davvero che lo spazzolino elettrico è migliore di quello tradizionale

Bah… quanta pubblicità che fanno…

Non ci posso credere che sia già 1 mese che sono chiusa in casa

…e chi l’avrebbe mai detto? Non pensavo di essere in grado di resistere così tanto…

Proprio io che la casa non l’ho proprio mai considerata un tassello essenziale del mio ménage

Proprio io che ho sempre preferito rilassarmi su una panchina in piazza, piuttosto che sul divano…

Ora sul divano ci abito! (insieme al gatto, al pc, ai libri e a Netflix…)

Oddio, l’ho mandata la newsletter? Sì… sì… l’ho mandata…

Mi devo ricordare di appuntarmi quell’idea per il post,

magari prima di andare a dormire…

Vorrei riempire mille liste,

vorrei fare una lista con tutti i posti in cui vorrei andare dopo questa reclusione forzata

poi vorrei farne un’altra con tutte le cose che voglio riprendere

e poi ancora un’altra per organizzare… vabbè lasciamo perdere, non corriamo troppo va’…

Certo che sti due minuti sono lunghi eh… non ha ancora finito di vibrarmi sui denti!

Però è rilassante… hai anche il tempo di guardarti tutti i brufoli che ti sono comparsi in faccia e quanto sei pallida in viso… no, questo non è un grande vantaggio, ora che ci penso!

Dio mio, che capelli! Sembro medusa negli anni 2000… quanto desidero una parrucchiera, che a) mi lavi i capelli, massaggiandomi tutto il cuoio capelluto e b) mi crei un’acconciatura che mi faccia sentire super-figa!

Quanto sono lontani quei giorni in cui assomigliavo ad un essere chiamato “donna”…

Bè, però in questo periodo sto alimentando la mente… il che non guasta… sicuramente ho ripreso molto il contatto con ciò che conta veramente…

Smettila, vocina delle balle, ho capito che senza trucco non me se po vedè… ma non riesco proprio a riempirmi la faccia di fondotinta, ombretto, mascara e fard e poi (ripeto) starmene seduta sul divano con il computer in braccio tutto il giorno, capito?

Da quanto tempo non vedo la mia famiglia,

praticamente questo si sta per rilevare quasi il periodo più lungo,

la distanza temporale più ampia,

a meno che a maggio davvero non allentino un po’ le maglie del decreto, allora non sarà così.

…alla fine in Irlanda ci sono stata tre mesi….

però mi sembra di essere chiusa in casa da molto più di un mese.

Che strana la concezione del tempo… a volte mi sembra di essere ferma, bloccata, chiusa…

…attimi in cui invece progetto, invento e immagino nuove cose e mi sembra di viaggiare davvero e di stare ancora in movimento, proprio come prima di questa quarantena.

…attimi, invece, in cui non vorrei più uscire di casa, vorrei continuare a starmene rinchiusa qui, al sicuro, al calduccio, sul mio affezionato divano…

Oh ma che importa! Finalmente, spazzolino, hai compiuto il tuo lavoro!

Finished!

Wow, che denti bianchi! Ottimo acquisto direi! 5 stelline! Iper soddisfatta!

Ripongo lo spazzolino elettrico e vado a dormire

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“Kilmeny del frutteto”, romanticismo, suspense e intrigo!

Cari lettori,

non vedevo l’ora di scrivere una nuova #recensioneblue riguardante questa lettura, che ho acquistato, su consiglio di Paride di @leggendoatestalta, da Caravaggio Editore.

Se avete seguito alcune delle mie stories, avete capito qual è il book in questione… 😊 Sto parlando di…:

Kilmeny del Frutteto

la cui autrice è Lucy M. Montgomery, la madre del fortunato libro “Anna dei Tetti Verdi” (vi ricordate del cartone-manga giapponese “Anna dai capelli rossi”?)

Il cartone giapponese “Anna dai capelli rossi” tratto dal libro “Anna dei tetti verdi”

Vorrei, come sempre, snocciolare i 3 punti, che rendono ancora più rappresentativa la nostra #recensioneblue:

1) LA TRAMA. Kilmeny, una ragazza dalla storia un po’ tenebrosa, un po’ misteriosa, ed Eric, un ragazzo giovane e sensibile, che le catturerà il cuore. Apparentemente una comune lovestory, ma non è davvero così, c’è molto di più! Descrizioni particolari e dettagliate dei luoghi, dove si ambientano gli incontri di Eric e Kilmeny, sentimenti e cuori palpitanti, intrighi e vecchi fantasmi del passato, che tornano a disturbare le sorti della vita presente. Insomma, una trama che non annoia e che fino alla fine mantiene incollati alle pagine!

2) IL PARAGRAFO DEL CUORE

Sotto il grande albero di lillà, bianco e frondoso, c’era una vecchia panca cadente di legno; e su di essa sedeva una ragazza che suonava un vecchio violino marrone. I suoi occhi erano fissi sull’orizzonte lontano e non vide Eric. Per qualche istante egli restò lì e la guardò. Il quadro che ella costituiva si impresse nella sua visione fin nel minimo dettaglio, per non essere mai più cancellato dal libro della sua memoria. Fino all’ultimo suo giorno Eric Marshall avrebbe ricordato vividamente quella scena, così come la vide… l’oscurità vellutata del bosco di abeti, l’arco di cielo di morbido splendore, i boccioli di lillà ondeggianti, e nel mezzo la ragazza sulla vecchia panca con il violino sotto il mento.

Perché ho scelto questo paragrafo?

In primis, è uno dei momenti cardine della storia, ciò che il lettore attende con trepidazione, proprio perché Kilmeny, che dà il titolo al libro, non compare dalle prime pagine della storia. Perciò, ci si aspetta di leggere di lei da una pagina all’altra… Si è portati a credere, inoltre, che prima o poi la scrittrice introdurrà l’incontro tra lei ed Eric, quindi il “loro momento”, dove finalmente si conosceranno… Per quel che mi riguarda, temevo che il fatto cadesse nel banale e che non gli venisse dato un tono significativo, ma… essendo diventato il PARAGRAFO DEL CUORE racchiude le parole e le frasi, che mi hanno più ammaliata e affascinata!

3) DA LEGGERE SE… adorate i romanzi del secolo scorso e se vi sentite un po’ ottocentesche/i…

A proposito del “sentirsi ottocenteschi”, penso che tutti noi abbiamo vestito i panni di Kilmeny o di Eric; oppure, ognuno di noi ha sognato una storia d’amore o ha avuto un colpo di fulmine per qualcuno/a… Kilmeny rappresenta l’entusiasmo dell’amore giovane, l’adrenalina delle prime volte e l’infatuazione dell’amore a prima vista, che fa palpitare violentemente il cuore. Eric è il principe delle favole, l’uomo dolce e premuroso alla Pretty Woman maniera. In un certo qual senso, questa storia d’amore, raccontata così sapientemente dall’ingegno e dall’immaginazione della Signora Montgomery, sembra il preludio a tutte le commedie romantiche e a tutte le serie tv adolescenziali, che sono state sfornate nel nuovo millennio!

Adoro il romanticismo, anche quando alza troppo l’asticella e arriva ad essere troppo melenso o sdolcinato. Sì, lo so, sono irrecuperabile!

Infatti, sono una fan sfegatata di Dawson’s creek e The O.C., passando per Beverly Hills e Friends! In questo libro, mi sono resa conto che noi, neo-romantici degli anni 2000, dobbiamo tanto alle scrittrici come Lucy M. Montgomery, che ci hanno insegnato tutto ciò che dobbiamo sapere! Lo testimonia il primo incontro tra Kilmeny ed Eric, quel fermo-immagine, che vedrei davvero ben rappresentato in una produzione cinematografica!

La scrittura dell’autrice è così lineare e semplice, quanto profonda e descrittiva, che è impossibile non bere la storia nel giro di poche ore! Ho apprezzato molto le descrizioni dei luoghi, ma soprattutto di quel magico e galeotto frutteto. Le pennellate con cui Lucy Montgomery delinea quei paesaggi non sono mai fuori luogo o noiosi, ma addirittura indispensabili ad arricchire il quadro, che il lettore nella propria mente dipinge, man mano che i suoi occhi scorrono tra le righe del libro:

Attraverso una lunga valle orlata da ombre, c’erano altipiani di tramonto e grandi laghi rosa e zafferano nel colore dei quali l’anima avrebbe potuto perdersi. L’aria era profumatissima per il battesimo della rugiada, e per l’olezzo di un’aiuola di menta selvatica che egli aveva calpestato. I pettirossi cinguettavano, distinti, dolci e rapidi, nei boschi intorno a lui.

È straordinario il modo con cui in poche frasi la scrittrice riesca a descrivere paesaggi così poetici e bucolici, che, mentre vengono immaginati, sembra di vivere tutto dal vivo, come uno dei personaggi del libro. Questo è uno dei punti di forza del libro!

Non vengono, inoltre, trascurati i ritratti, che la scrittrice dedica ad ogni personaggio, dove spicca più di tutti quello di Kilmeny, definita da una descrizione, degna di una dea greca:

Il suo volto era ovale, segnato in ogni suo tratto da cameo e in ogni lineamento da quell’espressione di assoluta e perfetta purezza che si può trovare negli angeli e nelle Madonne degli antichi dipinti, una purezza che non aveva in sé la benché minima macchia di cose terrene. […] Gli occhi erano di un azzurro che Eric non aveva mai visto in altri occhi prima di allora, il colore del mare calmo, della luce quieta che segue un bel tramonto; […] La pelle delicata e del colore esatto del cuore della rosa bianca.

Kilmeny è bella quanto dolce e di buona compagnia, ma come in un ogni favola, in cui la lotta tra il bene e il male è all’ultimo sangue, anche dentro di lei vi è una sorta di tacita battaglia, che le ha lasciato un segno, fin dalla nascita: Kilmeny è purtroppo muta, non emette suoni, se non la risata, che tanto delizia il suo Eric. Questo piccolo difetto mette a serio rischio il coronamento del loro sogno d’amore, ma costuisce anche il perno, che regala al lettore fino all’ultimo suspense e timore del finale. Montgomery, oltre che scrittrice, rivela un’ottima abilità psicologica nello spiegare il motivo del mutismo di Kilmeny, che però non voglio rivelare per non rovinare il gusto della lettura del romanzo!

Per chi ama i libri illustrati o le illustrazioni antichizzate, al fondo del libro vi sono anche le tavole illustrate, che erano già presenti nella prima edizione, risalente al 1910.

Kilmeny del frutteto” è un romanzo edito da Caravaggio Editore a cura di Enrico De Luca, ordinabile anche online dal sito della stessa casa editrice.

Reviews

“Il racconto dell’ancella” per sfuggire alla quarantena da COVID-19

Cari lettori,

questo weekend mi ha tenuto compagnia un romanzo, che sicuramente molti di voi avranno già letto e riletto: “Il racconto dell’ancella”, di cui è anche molto famosa la serie tv (purtroppo non sono riuscita a vedermela e non riesco a trovarla da nessuna parte, qualcuno può aiutarmi?). Questa recensione è dedicata a chi ha sempre sentito parlare di questo libro, ma non ha ancora avuto l’occasione di approcciare la sua lettura.

Partiamo come sempre dai nostri 3 punti per dare una caratterizzazione a questa #recensioneblue:

1) LA TRAMA. Il romanzo è ambientato in un mondo che ancora non esiste, una specie di futuro prossimo, che però non è mai esistito nella realtà (per fortuna…). Ci troviamo all’interno di un regime totalitario, che ha rovesciato il governo degli Stati Uniti, stravolgendo completamente la vita quotidiana, come tutti la conosciamo. La società è rappresentata da una sorta di piramide, al vertice della quale ci sono i Comandanti sposati alle loro Mogli. Al loro completo servizio, Offred, la protagonista, ci racconta l’oliata organizzazione che si dipana come una solida gerarchia dalla classe dei Comandanti in poi. Vi sono, perciò, le Ancelle, donne fertili utilizzate dai Comandanti, nel caso le Mogli non possano avere figli, le Marte , serve nel vero senso della parola, che trovano un equivalente maschile nella figura dei Custodi, uomini a cui è vietato andare con le donne, gli Occhi, i membri dei servizi segreti del governo, gli Angeli, i soldati dell’esercito, le Zie, le guardiane del rigore morale delle donne, le Ecomogli, donne sposate a uomini di basso ceto sociale, e le prostitute. Offred è un’ancella, che ha inciso la sua storia sul nastro di una musicassetta, ritrovata più di un secolo dopo. La sua vita si articola tra i ricordi di quello che è stato prima che diventasse Ancella e ciò che invece è costretta a sopportare nella sua condizione attuale.

Non resta che leggerlo per capire tutto ciò che ha da dirci la nostra Offred!

2) IL PARAGRAFO DEL CUORE Sul post uscito su Instagram ho selezionato alcuni dei paragrafi del cuore, quelli che mi hanno colpita di più (andate a dare un’occhiata per capire meglio il mood di questo bellissimo libro). Sul blog vorrei inserire un’altra citazione, quella che ha preso il posto della “citazione preferita”, mentre leggevo questo libro:

Ma io non voglio più andar via, scappare, attraversare il confine verso la libertà. Voglio restare qui, con Nick, dove posso vederlo. Nel dirlo mi vergogno di me, eppure, anche ora riconosco in questa ammissione la prova di quanto mi fosse indispensabile Nick. Mi sento giustificata, come da una sorta di malattia, di morte, di guerra. Una storia seria. Tanta serietà nei confronti di un uomo non mi sarebbe parsa possibile un tempo Certi giorni sono più razionali. Non vedo tutto sotto la specie dell’amore. Penso che in qualche modo, mi sono fatta una vita anche qui. È quello che pensavano le mogli dei colonizzatori, le donne sopravvissute alle guerre, quando avevano ancora un uomo. Siamo tutti molto adattabili, diceva mia madre, ed è davvero stupefacente constatare a quante cose ci si può abituare, purché ci sia un compenso.

3) DA LEGGERE SE… vi piacciono i romanzi distopici (in primo luogo) e se avete pazienza di capire il libro piano piano, senza fretta…

Il racconto dell’ancella” è un libro che sviluppa la pazienza. Sono soddisfatta di averlo letto in questo periodo, un po’ statico, un po’ lento, perché è la giusta lettura da assaporare. Non nego che per la prima parte del romanzo mi sia sentita desiderosa di scoprire subito tutto quello che c’era da sapere. No, non è questo il modo di avvicinarsi a questo libro. Bisogna immergersi poco a poco e lasciare che la trama si snodi lentamente, in modo che i vari fatti che accadono ti lascino veramente senza parole!

Partendo dal presupposto che questo libro è stato ultimato nel 1985, credo che anche lo stile e il ritmo dei contenuti si addicano molto a quegli anni lì. Penso che si debba anche tenere conto di questo particolare.

Il paragrafo del cuore che ho selezionato vuole essere l’essenza, che mi è stata trasmessa. Lo voglio anche considerare una specie di messaggio, racchiuso per me dentro al libro, per farmi capire meglio il periodo che stiamo attraversando e che ogni soggetto individualmente vive con le proprie paure e insicurezze.

Offglen ci ricorda che l’essere umano è ADATTABILE. Una splendida parola, un dono, che è stato dato a tutti noi! Siamo tutti adattabili… come anche lei, che vuole dimostrare, come in un mondo così lontano da quello che aveva vissuto fino a qualche anno prima, sia riuscita a trovare “una soluzione”, per superare lo sconforto e il disagio. Anche in questo caso, qual è stata la soluzione? L’amore… un amore inteso come una scappatoia, una via d’uscita a cui aggrapparsi, una sorta di effetto placebo, che aiuta a superare quel qualcosa di insormontabile, come la condizione di Ancella, a cui è stata destinata.

Nick, infatti, non è sicuramente l’amore per sempre, l’uomo dei suoi sogni, no! È un salvatore, il traghettatore che la trasporta da una condizione di sottomissione totale ad una di leggerezza e libertà, anche solo per qualche ora.

Offglen è fragile, ma allo stesso tempo un personaggio forte e dalla fibra resistente, tenace nel barcamenarsi tra gli attori di quel nuovo assetto societario. L’ho adorata mentre spiegava la sua vita precedente, con suo marito Luke e la loro figlia di pochi anni appena. La tenerezza che viene dipinta nel raccontare il rapporto tra lei e la figlia rivela una scrittura dolce e a tratti molto materna.

Il rapporto tra lei e il Comandante, invece, si rivela misterioso e non molto chiaro fino alla fine: un passaggio che tiene l’attenzione molto alta e l’interesse così si acuisce molto.

Un libro che mi ha fatto ricredere dopo le prime 100 pagine, che servono al lettore per entrare in un mondo davvero sottosopra.

Poetry

Poesie Marzoline

Ultimo giorno del mese di Marzo!

Salutiamo questo mese un po’ anomalo, causa emergenza in cui tutti siamo stati coinvolti, con tre poesie, che abbiamo rinominato “Poesie Marzoline”.

Ciao Marzo, sei stato un mese davvero <<pazzerello>> quest’anno, non hai smentito la tua natura originaria…

ERA QUELLA LUNGA VIA CHE ARRIVAVA A CASA

Era quella lunga via che arrivava a casa,
il mio amore per te.
Aveva inizio
camminando insieme mano nella mano 
Ebbe fine 
arrivando in fondo
alla costrizione di dover dirti un langue 'ciao' 
tra quelle maledette lacrime.
Era quella lunga via che arrivava a casa,
quella lingua di asfalto 
che correva attorno alla collina, 
abbracciata ai lati da macchie d'erba, 
abbandonate al loro destino 
di smog e polvere.
Era quella lunga via che arrivava a casa,
il mio amore per te.
Quella via 
costipata 
dai nostri ricordi giovani, 
dalla nostra estate perfetta, 
dalla nostra ingenua gioventù.

VUOTO

Vuoto il tuo letto,
Vuoto il tuo sorriso, che ho perso per sempre
Vuoto il cosmo, 
il nostro spazio, 
la nostra orbita, 
che condividevamo senza egoismo e gelosia
Ho sognato di andare incontro al vuoto,
una massa di polvere nera, 
che mi faceva entrare, senza opposizioni.
Ho sognato di vederti in fondo a quel vuoto.
 
Là tu mi aspettavi.
Una figura sottile, piccola,
ma dall'aspetto inesorabile.
Una flebile presenza, tanto tiepida, 
quanto seria e imperturbabile.
Un incontro atteso.
In quello stesso cosmo, 
che ora pare solo buio e perdita.
Io vengo incontro
Io fluttuo verso
Io mi avvicino ancora e ancora di più.
È un moto che non posso controllare,
È una meta che vive dentro di me da sempre.
Il tuo maledetto vuoto oggi mi conquista.
Doveva essere così.
Doveva andare così.
Il nero sembra pece.
L'oscurità è ormai attorno alle mie membra.
Ma finalmente ti rivedo ed ora è pace dentro di me.

BASTA CHE

Mi piace vedere scorrere...
Lo scroscio dell'acqua,
il fluttuare delle nuvole attraverso un cielo azzurro,
lo sfrigolio dell'asfalto sotto le ruote della macchina.

Tutto in divenire.
Tutto un cambiamento.
Evolversi verso nuove forme, nuovi stati, nuovi colori.

Basta che si scorra
Basta che si superi e si divenga
Basta che si stia in movimento
 
Testa all'insù,
mentre il treno corre sui binari
e le nuvole con lui
e il cielo con me.
 
Verso il raggiungimento di un mondo
sconosciuto
che ci porterà alla rivoluzione,
al cambio di pelle,
alla mutazione dei pensieri e delle parole.
 
Si va, sì scorre.
 
Siamo tutti pescetti
e piccole tartarughe
e cavallucci marini
e rondini
e gabbiani
e aironi.
 
Tutti coinvolti
in questo movimento di tensione,
che non ci fa arrivare.

Ci porta, ma non ci ferma,
Ci trasporta, ma non ci trattiene in sosta
Ci permette di viaggiare,
ma di esplorare quanto basta
in modo da continuare a seguire il movimento
che non può fermarsi una volta innescato.

Reviews

"La storia di un matrimonio" è rivelatore, dà risposte ed esprime una grande saggezza

Cari lettori,

ho finito stasera di leggere un libro meraviglioso: “La storia di un matrimonio” di Andrew Sean Greer, scrittore di fama internazionale, vincitore del Pulitzer Prize For Fiction nel 2018 con il libro “Less”.

“La storia di un matrimonio” è un libro intimo e schietto, fin dall’inizio, segno distintivo, secondo me, dell’intera storia.

Iniziamo però a delineare i 3 punti caratteristici della #recensioneblue di oggi:

1) LA TRAMA. La protagonista, Pearlie, moglie attenta e diligente, racconta in prima persona la storia del suo matrimonio con il bel marito Holland Cook. Ci troviamo nel dopoguerra della Seconda guerra mondiale, di fronte ad un’America un po’ ammaccata, le cui ferite raccontano ancora ricordi e aneddoti della guerra appena trascorsa. La storia viene incentrata nei sei mesi dell’anno 1953, in cui si snodano le vicende di marito e moglie alle prese con fantasmi del passato, giustificazioni, luoghi comuni e segreti rivelati, che sembrano mandare all’aria una macchina coniugale costruita anni prima, ben oliata, e da cui è anche arrivato un pargolo, Sonny, beniamino della famiglia. Come andrà a finire questo teso braccio di ferro? L’amore trionferà?

Questa è una storia di guerra. Non doveva esserlo, è cominciata come una storia d’amore, la storia di un matrimonio, ma la guerra le si è conficcata dappertutto come schegge di vetro. Non è la solita storia di uomini che vanno a combattere, ma di quelli che non ci sono andati: i vigliacchi e gli imboscati; quelli che hanno lasciato che un errore li sottraesse al loro dovere; quelli che hanno visto cosa li aspettava e si sono nascosti; quelli che hanno fatto una scelta e si sono rifiutati;

tratto da un passo del libro

2) IL PARAGRAFO DEL CUORE In questo libro ci sono davvero troppi paragrafi del cuore. Ho sottolineato molto, appuntato, cerchiato e via dicendo. Dovrei scrivere frasi infinite e non vorrei svelare troppi punti, che avete il diritto di scoprire da voi, man mano che leggete (piccolo spoiler: se volete qualche spunto/rivelazione, andate nelle stories in evidenza dell’account di ig… 😊). Ecco perché ho scelto come paragrafo del cuore proprio l’inizio del libro, perché era da tanto tempo che un incipit non mi sorprendeva a tal punto come in questo libro. Ne sono rimasta letteralmente affascinata, ma allo stesso tempo incuriosita. È stato come accendere un motore alla mia immaginazione e vorrei condividere questa emozione con tutti voi:

Crediamo tutti di conoscere la persona che amiamo. Nostro marito, nostra moglie. E li conosciamo davvero, anzi a volte siamo loro: a una festa, divisi in mezzo alla gente, ci troviamo a esprimere le loro opinioni, i loro gusti in fatto di libri e di cucina, a raccontare episodi che non sono nostri, ma loro. Li osserviamo quando parlano e quando guidano, notiamo come si vestono e come intingono una zolletta nel caffè e la guardano mentre da bianca diventa marrone, per poi, soddisfatti, lasciarla cadere nella tazza. Io osservavo la zolletta di mio marito tutte le mattine: ero una moglie attenta. Crediamo di conoscerli, di amarli. Ma ciò che amiamo si rivela una traduzione scadente da una lingua che conosciamo appena. Risalire all’originale è impossibile. E pur avendo visto tutto quello che c’era da vedere, che cosa abbiamo capito? Una mattina ci svegliamo. Accanto a noi, nel letto, il corpo familiare che dorme: uno straniero di tipo nuovo. A me è capitato nel 1953. Lì, a casa mia, ho visto una creatura che aveva la faccia di mio marito solo grazie a un sortilegio. Forse un matrimonio non si vede, un po’ come quei giganteschi corpi celesti che sfuggono all’occhio umano: lo si può monitorare solo in base alla forza di gravità, all’attrazione che esercita su tutto ciò che lo circonda. Mi sembra di doverlo scrutare così, il matrimonio, con tutti i suoi fatti nascosti, le parti segrete, perché finalmente mi si riveli, lontano, ruotando come una stella oscura.

3) DA LEGGERE SE… siete appassionati di storie familiari, di intrighi amorosi e di psicologia femminile (ma anche maschile)!

Pearlie è una donna sottomessa, ligia al dovere, rispettosa del marito e del figlio. Leggendo il libro, il suo ritratto appare chiaro: incarna il ritratto della donna degli anni ’50, ben disposta a sacrificarsi in nome della famiglia e a prendersi cura di casa e prole, senza che la fatica e la stanchezza gravino sulla sua mente e sul suo corpo. Mi sembra di vedere quelle pubblicità di una volta, in cui la donna è sempre intenta ad infornare o sfornare qualche torta o un buon pranzetto per il suo uomo. Non è solo questo però… la sua indole è mite, ma l’amore per suo marito Holland forte e duraturo nel tempo. La sua giovinezza è costellata dei ricordi dei loro incontri prima della sua partenza per la guerra, ed è davvero piacevole il modo in cui questi ricordi sono sparsi per le pagine del libro, regalando al lettore dei quadretti davvero romantici e che permettono di sognare e di immedesimarsi perfettamente. D’altro canto, invece il marito Holland è un personaggio ombroso, cagionevole di salute e debole, ma così bello, da non passare inosservato in nessun ambiente: dall’ospedale, in cui viene ricoverato durante la guerra, al quartiere appartato ai margini di San Francisco, dove si stabiliscono. Holland è descritto attraverso gli occhi di Pearlie, la quale distrugge spesso l’ideale che si era costruita negli anni del marito, ma che tenta in tutti i modi di salvarlo, per permettere alla sua concezione d’amore di prevalere su tutto ciò che è tenebra.

Ho detto che il dolore è rivelatore. A volte è quello che ci vuole per spezzare la solitudine, per aprire brevemente quella piccola finestra oltre noi stessi: la vita di qualcun altro.

tratto da un passo del libro

Il ruolo più eclettico è interpretato dall’amico di Holland, Buzz, un vecchio compare di guerra, che viene introdotto dopo poche pagine nella trama del libro, rendendo il ritmo movimentato fin da subito. Chi è Buzz? E cosa vuole da Pearlie e Holland? È questa la domanda che tormenta il lettore fino alla fine… e quanto è forte il legame che lega marito e moglie nel momento del bisogno? A questo punto devo svelare ciò che più mi ha colpito del rapporto di Pearlie e Holland: l’assenza di dialogo, l’assenza di un’intesa verbale durante tutti quegli anni passati a vivere il loro matrimonio e ad occuparsi dell’educazione del loro figlio Sonny. Pearlie dipinge Holland come un Dio, ma non si rapporta con lui in quanto uomo in carne ed ossa. Le loro conversazioni sono molto scarne, dando adito alla protagonista a continuare a vivere tra mille dubbi e congetture. Questo è il fulcro di tutto il romanzo, l’assenza delle buone parole, quelle che leniscono, quelle che mettono una toppa ad un problema, quelle che aiutano ad uscire dalle crisi…

[…] Mi ha guardata a lungo negli occhi senza aprire bocca – non sarebbe stato da lui pronunciare quelle parole -, ma sapevo dalla sua espressione che cosa voleva dirmi. Era quello di cui non avevamo mai parlato, quello che probabilmente mi voleva chiedere la sera dell’antiaerea lasciandosi sfuggire l’occasione. E questa era l’ultima che avrebbe mai avuto <<Dimmi se è questo che vuoi>>. […] Ma Holland non ha aperto bocca. Ha preso una scatola di fiammiferi dal taschino e mi ha guardata con un’espressione curiosa. Gli occhi gli si sono fatti grandi e la bocca gli si è piegata agli angoli, come una cosa lasciata sotto la pioggia, e nonostante tutto ho sentito l’impulso di correre da lui a consolarlo.

tratto da un passo del libro

Come qualcuno forse sa, non leggo qualsiasi cosa… i miei gusti sono difficili, non mi faccio impressionare dalla bella copertina o dal titolo sfizioso! Questo libro però mi ha ispirato soprattutto dal titolo. Ci sono momenti in cui i libri ti cercano e alla fine ti trovano. Penso che questo sia il caso di questa strana combinazione. Forse avevo bisogno di risposte o forse solamente di ispirazione!

Tuttavia, questo libro è entrato nella mia vita nel momento giusto! Spero che possa essere utile anche ai prossimi lettori che lo avvicineranno 😊

Stories

Lo sfogo “anni-90/00-style” ce lo abbiamo anche noi…

Cari lettori,

è arrivato il momento dello sfogo “anni-90-style”! Contenti…?

Premetto che se non siete amanti dei vecchi tempi e del mood malinconico generazionale, astenetevi dalla lettura di questo post! :p (scherzo…)

Stamattina sono stata avvolta proprio da quel tipo di sensazione, che il più delle volte chiamiamo con l’espressione inglese, scorrettamente utilizzata “depression”!

Ero in macchina.  Guidavo, percorrendo la stessa strada, che faccio tutti i giorni per recarmi in ufficio. Mi ritengo una persona molto standardizzata, perché i passaggi che compio tutte le mattine appena entro in macchina sono sempre gli stessi:

1. Attivare il bluetooth sul cellulare

2. Digitare su Youtube la prima canzone che mi passa per la testa

3. Posizionare il cellulare nel porta-oggetti vicino al cambio

4. Alzare il volume della macchina (che nel frattempo si è connessa con il bluetooth del cellulare)

5. Mettere in moto e partire verso l’autostrada

La canzone selezionata per questa mattina piena di sole è stata “Could It Be Magic”, la cover dei Take That (non quella original della nostra amata Donna Summer, già questo potrebbe esservi utile come indizio…), dove un Robbie Williams con i capelli alla Danny Zuco di Grease intona divinamente il pezzo e gli altri quattro componenti della boyband si scatenano in acrobazie e dirty dancings (andate a rivedervi Mark Owen…).

Take That, Could It Be Magic, Greatest Hits

La strada scorre, la musica anche: l’ascolto prosegue con altre canzoni dei Take That, qualche cosa di Robbie e poi… Youtube magicamente introduce le prime note di “Calling” di Geri Halliwell.

È solo un attimo, ma… non mi trovo più nella mia macchina, che mi sta portando a lavoro… no! Mi ritrovo nel salotto di casa dei miei genitori, a guardare TRL su MTV dopo scuola. In TV il video di Geri, che intona un melodiosissimo

Calling out your name… Burning on the flame… Playing the waiting game… In my calling… In my calling…”,

mentre, con addosso solamente un maglione nero oversize,guarda nella videocamera ammiccando e rotolandosi sul prato.

Che stupida sensazione! Quella canzone mi riporta velocissimamente alla mente ricordi di scuola, pomeriggi passati a osservare alla tv nella speranza di intravedere qualche volto conosciuto: magari un amico o un’amica, intenti nel tenere sollevati i cartelloni “FATECI SALIRE!!!” sotto gli studi di TRL in Piazza Duomo a Milano.

Mi torna in mente la voce di Marco Maccarini e i suoi commenti tra l’ironico e il piacione nei confronti di Geri e la semplicità di Giorgia Surina nel fornirgli la spalla per condurre il programma.

Mi ridesto in fretta ed è inevitabile il classicone che mi scorre davanti come un messaggio led sul monitor “…sembra solamente ieri… eppure…”. Eppure, sono passati un po’ di anni dai primi anni del 2000.

Eccolo il momento “depression”, già di prima mattina! Proprio oggi che lo spuntare del sole a rendere bella tersa la giornata mi aveva dato un po’ di carica!

È pur sempre bizzarro però, come alcune canzoni di quegli anni riconducano a delle percezioni così vive ancora dentro noi stessi.

Non ho voluto fare ricerche online (sennò non valeva!). Sono andata a spulciare tra i ricordi, ascoltando qualche cosa di quel periodo, e credetemi (provateci anche voi): vi verranno sicuramente in mente alcune delle canzoni, che passavano spesso in trasmissione su TRL e che scalavano ogni puntata la classifica, grazie soprattutto agli SMS degli studenti “dell’epoca” inviati al canale tv!

Ecco qui la mia lista! Vorrei sentire quanti sospiri ed espressioni di stupore farete nel leggerla:

Jennifer Lopez – Love don’t cost a thing

Linkin Park – In the end

Usher – Yeah

Ricky Martin feat. Christina Aguilera – Nobody wants to be lonely

Alice Keys – Fallin

Britney Spears – I’m a slave for you

Eminem feat. Dido – Stan

Avril Lavigne – Complicated

Back street boys – The call

50 Cent – In Da Club

Destiny’s Child – Survivor

Bon Jovi – It’s my life

Nelly feat. Kelly Rowland – Dilemma

Tiziano Ferro – Perdono

Michelle Branch – Everywhere

… ce ne sarebbero tante altre… se avete voglia scrivetemele tra i commenti! Qual è la vostra playlist dei primi anni 2000?

Il punto su cui volevo soffermarmi è proprio questo: per chi come me ha vissuto in quegli anni l’adolescenza, credo che faccia fatica a non notare la differenza dal punto di vista musicale di quello che c’è a disposizione attualmente rispetto a quello che avevamo in quel preciso periodo lì. A parte la musica, la quale inevitabilmente cambia durante gli anni e può piacere di più o meno rispetto a prima, l’offerta di coinvolgimento del “pubblico-pagante” nei confronti degli artisti, che lavorano per farci divertire è, secondo me, più scadente.

Ora abbiamo a disposizione molti più mezzi per intrattenerci e per essere connessi 24 ore su 24 ore al nostro beniamino musicale, ma “quando andavo a scuola io” forse (dico forse, perché questa è una mia opinione personale) i momenti di partecipazione erano sicuramente minori, ma d’altra parte più vissuti, più seguiti. La concentrazione era al 100%, perché avevi a disposizione quell’oretta o poco più per immergerti completamente nella nuova hit, piuttosto che nell’apprendere di più del nuovo album in uscita. Concluso TRL o, mi vengono in mente programmi come Top of the Pops, Festivalbar e via dicendo, rimaneva il cd, la musicassetta, il giornalino con qualche articoletto e la radio, a consolarci nell’attesa di una nuova apparizione. Forse è per quello che oggi mi è presa tutta questa nostalgia? Forse è per questo motivo che oggi ho desiderato portare indietro le lancette dell’orologio, per tornare solamente per un pomeriggio ad assaporare tutto quello che TRL significava per noi, adolescenti degli anni 2000. Più trascorrono gli anni, più, oltre ad invecchiare :p, mi rendo conto che non sempre avere tanto, avere tutto, significhi avere la felicità assoluta. Inizio a rendermi conto che, ciò che si guadagna, impiegando più fatica ed impegno, è ciò che regala più godimento e appagamento.