la lettura che sto per recensire è forse quella che più mi ha colpito di tutto il mese di febbraio!
Il libro in questione è “Marie aspetta Marie” della scrittrice francese, Madeleine Bourdouxhe, edito dalla casa editrice Adelphi.
Marie sente quella voce e indietreggia, quasi involontariamente: si sente viva soltanto in quel segmento di carne che è il suo polso prigioniero di una mano estranea. Poi è di nuovo libera: punta l’obiettivo, scatta.
Appena ho terminato le sue pagine, non ho potuto fare a meno di pensare:
Come fa ad essere così attuale, malgrado sia stato scritto nel 1943!
La storia raccontata da M. Bourdouxhe ruota attorno al personaggio di Marie, una donna, che vive il suo ruolo di moglie, sorella, figlia e amante nella Francia degli anni Trenta. La protagonista assume una connotazione diversa, rispetto alla donna tradizionale, che siamo abituati a immaginare per l’epoca. Tutto nella vita di Marie cambia, durante una vacanza al mare, dove incontra un ragazzo, con cui intraprende una relazione extra-coniugale, una volta tornata a casa. La figura di Marie evolve: da moglie devota e quasi sottomessa diviene una donna consapevole dei suoi bisogni e necessità, una donna libera, senza paure e conscia delle sue decisioni.
Se aveva un desiderio, era quello di essere un uomo che cammina su una strada, dorme e mangia dove capita, si siede su un mucchio di sassi e taglia un pezzo di pane con un temperino. Se provava un piacere, era quello aspro e inusitato della disponibilità.
Fino al punto di rottura con il suo “menage” precedente, l’amore per Marie è unicamente quello per suo marito Jean, che però non contraccambia totalmente la sua stessa intensità di sentimento. L’entrata in scena di questo nuovo amore permette a Marie di farla crescere, riflettere, confrontarsi con la sua vera identità e scoprirne nuove sfaccettature. La liberazione dalle catene della femminilità, intesa come a quei tempi, le garantirà di accorgersi di quel qualcosa in più, fino a quel momento invisibile ai suoi occhi.
Quanto fosse rimasto del passato doveva dunque essere rispettato, perché sarebbero state cose autentiche. E aveva davanti a sé i bei pericoli predisposti dal fato: in mezzo a quelli si doveva procedere, a cuore aperto. Giacché non si è, ma si diventa.
Ciò che ho gradito di più è stato il tempo che la scrittrice ha dedicato a personaggi, sicuramente minori rispetto al marito e all’amante di Marie, ma essenziali ad inquadrare la personalità della protagonista. Sto parlando della sorella maggiore, Claude, e della madre, che tracciano la sfera familiare, in cui Marie è cresciuta e aiutano a capire la struttura della famiglia, ma soprattutto il ruolo della donna nella società.
Non avevo mai letto questa scrittrice, ma ora mi è venuta la curiosità di prendere in mano la sua opera di esordio “La donna di Gilles”, di cui mi sono nel frattempo un po’ documentata. Sembrerebbe una storia meno positiva e volta alla speranza di farcela, ma voglio comunque leggerla e capire di che si tratta.
Vi lascio con il mio paragrafo del cuore di questo libro stupendo, che vi consiglio assolutamente di inserire tra le vostre letture:
Chi vive più di un amore vive anche più di una lacerazione. E forse un costante susseguirsi di solitudini.
Una delle letture più sorprendenti del mese di febbraio è stata “Il Fornicaio” di Matteo Edoardo Paoloni, collega e compagno di scrittura presso la Casa Editrice Letteratura Alternativa Edizioni.
Leggo spesso e volentieri nei gruppi letterari e di consigli di letture:
“Vorrei leggere un libro divertente…” – “…un libro che mi faccia sorridere…”
Matteo fa questo e lo fa in un modo che ho trovato del tutto nuovo ed innovativo! L’autore non vuole presentarsi come comico o cantore di barzellette e gag alla zelig-maniera, il suo libro è sì divertente, fa sorridere, contiene dell’ironia, ma allo stesso tempo mette il lettore sotto ad una luce come quella dell’occhio di bue.
Ci si trova soli, della serie “siamo solo io e te, caro libro… vogliamo metterci a pensare? Vogliamo creare una connessione tra anima e mente?”. La risposta a questa domanda arriva poi spontanea… semplicemente “Sì…”, proprio perché Matteo attraverso le sue storie, alcune brevi, altre più lunghe, ci permette di “ridere”, ma anche di commuoverci, di renderci conto, di realizzare, di prendere consapevolezza. Tante le tematiche toccate, da quelle famigliari agli argomenti più caldi sulle nuove generazioni, all’amore, alla fede politica, e così via. Il finale di ogni racconto lascia interdetti, il sorriso cede spazio alla riflessione, l’ilarità e lo stile spensierato di Matteo portano il lettore a ritagliarsi un piccolo momento di raccoglimento, che personalmente ho apprezzato molto.
Al Papeete solo bella gente, gente in forma, gente a posto, tanta figa, roba nostra, made in Italy, ci facciamo un cocktelino, […] qui al Papeete gente giusta, mica quegli sfigati dei centri sociali, un giro in modo d’acqua, le cubiste al ritmo di Mameli, Mojito o Caipirinha?
Il libro di Matteo è una fucina di messaggi ed esperienze di vita, la parte che mi ha intenerito maggiormente e che ho trovato assolutamente geniale è quella dedicata ad una breve cronistoria della vita dello scrittore, rappresentata da un piccolo aneddoto, che caratterizza ogni anno solare, dal 1986 al 2020!
1998
Leonardo Di Caprio batte i denti nelle acque gelide dell’Atlantico settentrionale. Kate Winslet galleggia su una tavola di legno. Ci sarebbe spazio per tutti e due, su quella tavola, ma per qualche ragione Leonardo se ne sta lì, livido in faccia. […] Sui titoli di coda tiro su con il naso. Mi asciugo gli occhi come posso. Le luci della sala si accendono. Ilenia, mentre piange, si mette a ridere. “Oddio sei tutto rosso.” “Lo so. Hanno i riscaldamenti a palla.”
Leggendo ogni mini-racconto, sono cresciuta (di nuovo) insieme a Matteo, ripercorrendo la società italiana di quegli anni, trovando somiglianze rispetto alle sue e alle mie esperienze di vita e confrontandomi non solo con un mio coetaneo, ma con un autore con uno spiccato senso di osservazione e critica!
oggi vi parlo del nuovo libro, fresco fresco di stampa, di Matteo Zanini: DISINCANTO.
Era da qualche mese che volevo leggere qualcosa di Matteo: ho infatti nella mia wishlist da un po’ di settimane “Catherine”. Non appena ho saputo però di questa new entry, ho voluto acquistarlo subito e tuffarmici dentro all’istante!
Matteo è uno scrittore con uno stile d’altri tempi: niente a che vedere con la letteratura moderna, il suo stile è qualcosa di più aulico e delicato, che tocca fin dalle prime pagine il cuore, avvolgendolo in un’atmosfera lontana e antica. La sensazione è quella di rivivere per davvero un tempo indietro, quando le buone maniere non erano considerate antiquate e la scrittura era pregiata e ben studiata.
Vorrei, prima di tutto, però sottoporre “Disincanto” ai 3 punti della #recensioneblue:
1) LA TRAMA. La famiglia Hardy è composta da quattro personaggi: Margaret, la protagonista, figlia del Signor Hardy e di sua moglie Viola, e Jake, il fratello maggiore. Margaret Hardy è una giovane ragazza, che vive il sogno di diventare una scrittrice affermata, ma che allo stesso tempo risente del trasferimento inatteso nel Rebshire, vivendo un periodo di sfiducia nei confronti della sua creatività letteraria. Tra colpi di scena e il ritrovamento di un’antica lettera, l’autore riesce a far vivere al lettore pathos, suspence ed emozioni interessanti!
2) IL PARAGRAFO DEL CUORE
La scrittura è un’attività spontanea: permea i giorni col ritmo dei suoi desideri. Carta e calamaio fissavano con impazienza la figura entusiasta di Margaret, che stava loro di fronte. Si instaura un rapporto di intimità tra la mano e la penna, quando entrambe si scelgono per creazione di una storia dapprima inesistente; è una danza, un romantico vorticare nel tremolio incerto e bisognoso di una fiammella tiepida.
3) DA LEGGERE SE… avete la sensazione di essere nati/e in un’epoca che non vi si addice!
È stato facile immergersi nel personaggio di Margaret Hardy: mi sono sentita subito sulla sua stessa lunghezza d’onda, quasi che i suoi pensieri e le sue caratteristiche illustrassero a pieno ciò che penso di essere. Leggere la sua storia è stato come vedere me stessa trasportata in un viaggio a ritroso nel tempo. Margaret è una ragazza semplice, ma allo stesso tempo molto determinata, ma che rimane umile, anche quando ha l’impressione di essere stata “scelta” da una casa editrice. Mi è piaciuto molto il modo in cui Matteo ha dato una connotazione diversa, ma così espressiva ad ognuno dei personaggi, che hanno una particolare sfumatura, che li rende inequivocabili!
La parte che più mi è piaciuta è quella dedicata alla scrittura, quelle pagine sono davvero… vere! Mentre le leggevo, ho avuto la sensazione di essere finalmente compresa e di vedere in quelle righe qualcuno che la pensava proprio come la penso io.
ma quale può essere il ruolo di un aspirante scrittore se non quello di consentire alle piccole sorgenti di raggiungere i fiumi più ampi?
Nel libro di Matteo Zanini si celebra la scrittura, sotto forma di sacrificio, passione, ispirazione, creatività, ricerca e speranza. Per alcuni è solamente un mezzo, ma per altri, come per Margaret, è la propria vita, l’aspirazione più grande, un’ambizione talmente importante, da tenerla sempre in tensione e sovrappensiero. Matteo riesce a contornare la strada che Margaret percorre verso la realizzazione del suo sogno con piccoli passaggi, che danno modo di riflettere e soffermarsi.
È strano notare come, talvolta, si ricercano delle conferme a sensazioni di cui già conosciamo la veridicità; sembra quasi che il nostro istinto non basti, che il lato irrazionale e ancestrale di noi debba trovare il proprio riscontro nel mondo concreto. Bizzarra è la mente umana, groviglio ozioso di desideri inesprimibili.
La storia prosegue, non mancano i colpi di scena e alcune piccole sorprese, disseminate qua e là… non voglio svelare niente, però! Assolutamente da leggere e scoprire!
“Disincanto” è il messaggio che tutti gli <<aspiranti scrittori>> dovrebbero leggere, le sue pagine contengono vere e proprie perle, da custodire e da rileggere, di tanto in tanto. Bravo, Matteo!
“Disincanto” è edito dalla casa editrice Literary Romance, si può acquistare dal loro sito o su Amazon.
non vedevo l’ora di scrivere una nuova #recensioneblue riguardante questa lettura, che ho acquistato, su consiglio di Paride di @leggendoatestalta, da Caravaggio Editore.
Se avete seguito alcune delle mie stories, avete capito qual è il book in questione… 😊 Sto parlando di…:
Kilmeny del Frutteto
la cui autrice è Lucy M. Montgomery, la madre del fortunato libro “Anna dei Tetti Verdi” (vi ricordate del cartone-manga giapponese “Anna dai capelli rossi”?)
Il cartone giapponese “Anna dai capelli rossi” tratto dal libro “Anna dei tetti verdi”
Vorrei, come sempre, snocciolare i 3 punti, che rendono ancora più rappresentativa la nostra #recensioneblue:
1) LA TRAMA. Kilmeny, una ragazza dalla storia un po’ tenebrosa, un po’ misteriosa, ed Eric, un ragazzo giovane e sensibile, che le catturerà il cuore. Apparentemente una comune lovestory, ma non è davvero così, c’è molto di più! Descrizioni particolari e dettagliate dei luoghi, dove si ambientano gli incontri di Eric e Kilmeny, sentimenti e cuori palpitanti, intrighi e vecchi fantasmi del passato, che tornano a disturbare le sorti della vita presente. Insomma, una trama che non annoia e che fino alla fine mantiene incollati alle pagine!
2) IL PARAGRAFO DEL CUORE
Sotto il grande albero di lillà, bianco e frondoso, c’era una vecchia panca cadente di legno; e su di essa sedeva una ragazza che suonava un vecchio violino marrone. I suoi occhi erano fissi sull’orizzonte lontano e non vide Eric. Per qualche istante egli restò lì e la guardò. Il quadro che ella costituiva si impresse nella sua visione fin nel minimo dettaglio, per non essere mai più cancellato dal libro della sua memoria. Fino all’ultimo suo giorno Eric Marshall avrebbe ricordato vividamente quella scena, così come la vide… l’oscurità vellutata del bosco di abeti, l’arco di cielo di morbido splendore, i boccioli di lillà ondeggianti, e nel mezzo la ragazza sulla vecchia panca con il violino sotto il mento.
Perché ho scelto questo paragrafo?
In primis, è uno dei momenti cardine della storia, ciò che il lettore attende con trepidazione, proprio perché Kilmeny, che dà il titolo al libro, non compare dalle prime pagine della storia. Perciò, ci si aspetta di leggere di lei da una pagina all’altra… Si è portati a credere, inoltre, che prima o poi la scrittrice introdurrà l’incontro tra lei ed Eric, quindi il “loro momento”, dove finalmente si conosceranno… Per quel che mi riguarda, temevo che il fatto cadesse nel banale e che non gli venisse dato un tono significativo, ma… essendo diventato il PARAGRAFO DEL CUORE racchiude le parole e le frasi, che mi hanno più ammaliata e affascinata!
3) DA LEGGERE SE… adorate i romanzi del secolo scorso e se vi sentite un po’ ottocentesche/i…
A proposito del “sentirsi ottocenteschi”, penso che tutti noi abbiamo vestito i panni di Kilmeny o di Eric; oppure, ognuno di noi ha sognato una storia d’amore o ha avuto un colpo di fulmine per qualcuno/a… Kilmeny rappresenta l’entusiasmo dell’amore giovane, l’adrenalina delle prime volte e l’infatuazione dell’amore a prima vista, che fa palpitare violentemente il cuore. Eric è il principe delle favole, l’uomo dolce e premuroso alla Pretty Woman maniera. In un certo qual senso, questa storia d’amore, raccontata così sapientemente dall’ingegno e dall’immaginazione della Signora Montgomery, sembra il preludio a tutte le commedie romantiche e a tutte le serie tv adolescenziali, che sono state sfornate nel nuovo millennio!
Adoro il romanticismo, anche quando alza troppo l’asticella e arriva ad essere troppo melenso o sdolcinato. Sì, lo so, sono irrecuperabile!
Infatti, sono una fan sfegatata di Dawson’s creek e The O.C., passando per Beverly Hills e Friends! In questo libro, mi sono resa conto che noi, neo-romantici degli anni 2000, dobbiamo tanto alle scrittrici come Lucy M. Montgomery, che ci hanno insegnato tutto ciò che dobbiamo sapere! Lo testimonia il primo incontro tra Kilmeny ed Eric, quel fermo-immagine, che vedrei davvero ben rappresentato in una produzione cinematografica!
La scrittura dell’autrice è così lineare e semplice, quanto profonda e descrittiva, che è impossibile non bere la storia nel giro di poche ore! Ho apprezzato molto le descrizioni dei luoghi, ma soprattutto di quel magico e galeotto frutteto. Le pennellate con cui Lucy Montgomery delinea quei paesaggi non sono mai fuori luogo o noiosi, ma addirittura indispensabili ad arricchire il quadro, che il lettore nella propria mente dipinge, man mano che i suoi occhi scorrono tra le righe del libro:
Attraverso una lunga valle orlata da ombre, c’erano altipiani di tramonto e grandi laghi rosa e zafferano nel colore dei quali l’anima avrebbe potuto perdersi. L’aria era profumatissima per il battesimo della rugiada, e per l’olezzo di un’aiuola di menta selvatica che egli aveva calpestato. I pettirossi cinguettavano, distinti, dolci e rapidi, nei boschi intorno a lui.
È straordinario il modo con cui in poche frasi la scrittrice riesca a descrivere paesaggi così poetici e bucolici, che, mentre vengono immaginati, sembra di vivere tutto dal vivo, come uno dei personaggi del libro. Questo è uno dei punti di forza del libro!
Non vengono, inoltre, trascurati i ritratti, che la scrittrice dedica ad ogni personaggio, dove spicca più di tutti quello di Kilmeny, definita da una descrizione, degna di una dea greca:
Il suo volto era ovale, segnato in ogni suo tratto da cameo e in ogni lineamento da quell’espressione di assoluta e perfetta purezza che si può trovare negli angeli e nelle Madonne degli antichi dipinti, una purezza che non aveva in sé la benché minima macchia di cose terrene. […] Gli occhi erano di un azzurro che Eric non aveva mai visto in altri occhi prima di allora, il colore del mare calmo, della luce quieta che segue un bel tramonto; […] La pelle delicata e del colore esatto del cuore della rosa bianca.
Kilmeny è bella quanto dolce e di buona compagnia, ma come in un ogni favola, in cui la lotta tra il bene e il male è all’ultimo sangue, anche dentro di lei vi è una sorta di tacita battaglia, che le ha lasciato un segno, fin dalla nascita: Kilmeny è purtroppo muta, non emette suoni, se non la risata, che tanto delizia il suo Eric. Questo piccolo difetto mette a serio rischio il coronamento del loro sogno d’amore, ma costuisce anche il perno, che regala al lettore fino all’ultimo suspense e timore del finale. Montgomery, oltre che scrittrice, rivela un’ottima abilità psicologica nello spiegare il motivo del mutismo di Kilmeny, che però non voglio rivelare per non rovinare il gusto della lettura del romanzo!
Per chi ama i libri illustrati o le illustrazioni antichizzate, al fondo del libro vi sono anche le tavole illustrate, che erano già presenti nella prima edizione, risalente al 1910.
“Kilmeny del frutteto” è un romanzo edito da Caravaggio Editorea cura di Enrico De Luca, ordinabile anche online dal sito della stessa casa editrice.
questo weekend mi ha tenuto compagnia un romanzo, che sicuramente molti di voi avranno già letto e riletto: “Il racconto dell’ancella”, di cui è anche molto famosa la serie tv (purtroppo non sono riuscita a vedermela e non riesco a trovarla da nessuna parte, qualcuno può aiutarmi?). Questa recensione è dedicata a chi ha sempre sentito parlare di questo libro, ma non ha ancora avuto l’occasione di approcciare la sua lettura.
Partiamo come sempre dai nostri 3 punti per dare una caratterizzazione a questa #recensioneblue:
1) LA TRAMA. Il romanzo è ambientato in un mondo che ancora non esiste, una specie di futuro prossimo, che però non è mai esistito nella realtà (per fortuna…). Ci troviamo all’interno di un regime totalitario, che ha rovesciato il governo degli Stati Uniti, stravolgendo completamente la vita quotidiana, come tutti la conosciamo. La società è rappresentata da una sorta di piramide, al vertice della quale ci sono i Comandanti sposati alle loro Mogli. Al loro completo servizio, Offred, la protagonista, ci racconta l’oliata organizzazione che si dipana come una solida gerarchia dalla classe dei Comandanti in poi. Vi sono, perciò, le Ancelle, donne fertili utilizzate dai Comandanti, nel caso le Mogli non possano avere figli, le Marte , serve nel vero senso della parola, che trovano un equivalente maschile nella figura dei Custodi, uomini a cui è vietato andare con le donne, gli Occhi, i membri dei servizi segreti del governo, gli Angeli, i soldati dell’esercito, le Zie, le guardiane del rigore morale delle donne, le Ecomogli, donne sposate a uomini di basso ceto sociale, e le prostitute. Offred è un’ancella, che ha inciso la sua storia sul nastro di una musicassetta, ritrovata più di un secolo dopo. La sua vita si articola tra i ricordi di quello che è stato prima che diventasse Ancella e ciò che invece è costretta a sopportare nella sua condizione attuale.
Non resta che leggerlo per capire tutto ciò che ha da dirci la nostra Offred!
2) IL PARAGRAFO DEL CUORE Sul post uscito su Instagram ho selezionato alcuni dei paragrafi del cuore, quelli che mi hanno colpita di più (andate a dare un’occhiata per capire meglio il mood di questo bellissimo libro). Sul blog vorrei inserire un’altra citazione, quella che ha preso il posto della “citazione preferita”, mentre leggevo questo libro:
Ma io non voglio più andar via, scappare, attraversare il confine verso la libertà. Voglio restare qui, con Nick, dove posso vederlo. Nel dirlo mi vergogno di me, eppure, anche ora riconosco in questa ammissione la prova di quanto mi fosse indispensabile Nick. Mi sento giustificata, come da una sorta di malattia, di morte, di guerra. Una storia seria. Tanta serietà nei confronti di un uomo non mi sarebbe parsa possibile un tempo Certi giorni sono più razionali. Non vedo tutto sotto la specie dell’amore. Penso che in qualche modo, mi sono fatta una vita anche qui. È quello che pensavano le mogli dei colonizzatori, le donne sopravvissute alle guerre, quando avevano ancora un uomo. Siamo tutti molto adattabili, diceva mia madre, ed è davvero stupefacente constatare a quante cose ci si può abituare, purché ci sia un compenso.
3) DA LEGGERE SE… vi piacciono i romanzi distopici (in primo luogo) e se avete pazienza di capire il libro piano piano, senza fretta…
“Il racconto dell’ancella” è un libro che sviluppa la pazienza. Sono soddisfatta di averlo letto in questo periodo, un po’ statico, un po’ lento, perché è la giusta lettura da assaporare. Non nego che per la prima parte del romanzo mi sia sentita desiderosa di scoprire subito tutto quello che c’era da sapere. No, non è questo il modo di avvicinarsi a questo libro. Bisogna immergersi poco a poco e lasciare che la trama si snodi lentamente, in modo che i vari fatti che accadono ti lascino veramente senza parole!
Partendo dal presupposto che questo libro è stato ultimato nel 1985, credo che anche lo stile e il ritmo dei contenuti si addicano molto a quegli anni lì. Penso che si debba anche tenere conto di questo particolare.
Il paragrafo del cuore che ho selezionato vuole essere l’essenza, che mi è stata trasmessa. Lo voglio anche considerare una specie di messaggio, racchiuso per me dentro al libro, per farmi capire meglio il periodo che stiamo attraversando e che ogni soggetto individualmente vive con le proprie paure e insicurezze.
Offglen ci ricorda che l’essere umano è ADATTABILE. Una splendida parola, un dono, che è stato dato a tutti noi! Siamo tutti adattabili… come anche lei, che vuole dimostrare, come in un mondo così lontano da quello che aveva vissuto fino a qualche anno prima, sia riuscita a trovare “una soluzione”, per superare lo sconforto e il disagio. Anche in questo caso, qual è stata la soluzione? L’amore… un amore inteso come una scappatoia, una via d’uscita a cui aggrapparsi, una sorta di effetto placebo, che aiuta a superare quel qualcosa di insormontabile, come la condizione di Ancella, a cui è stata destinata.
Nick, infatti, non è sicuramente l’amore per sempre, l’uomo dei suoi sogni, no! È un salvatore, il traghettatore che la trasporta da una condizione di sottomissione totale ad una di leggerezza e libertà, anche solo per qualche ora.
Offglen è fragile, ma allo stesso tempo un personaggio forte e dalla fibra resistente, tenace nel barcamenarsi tra gli attori di quel nuovo assetto societario. L’ho adorata mentre spiegava la sua vita precedente, con suo marito Luke e la loro figlia di pochi anni appena. La tenerezza che viene dipinta nel raccontare il rapporto tra lei e la figlia rivela una scrittura dolce e a tratti molto materna.
Il rapporto tra lei e il Comandante, invece, si rivela misterioso e non molto chiaro fino alla fine: un passaggio che tiene l’attenzione molto alta e l’interesse così si acuisce molto.
Un libro che mi ha fatto ricredere dopo le prime 100 pagine, che servono al lettore per entrare in un mondo davvero sottosopra.
ho finito stasera di leggere un libro meraviglioso: “La storia di un matrimonio” di Andrew Sean Greer, scrittore di fama internazionale, vincitore del Pulitzer Prize For Fiction nel 2018 con il libro “Less”.
“La storia di un matrimonio” è un libro intimo e schietto, fin dall’inizio, segno distintivo, secondo me, dell’intera storia.
Iniziamo però a delineare i 3 punti caratteristici della #recensioneblue di oggi:
1) LA TRAMA. La protagonista, Pearlie, moglie attenta e diligente, racconta in prima persona la storia del suo matrimonio con il bel marito Holland Cook. Ci troviamo nel dopoguerra della Seconda guerra mondiale, di fronte ad un’America un po’ ammaccata, le cui ferite raccontano ancora ricordi e aneddoti della guerra appena trascorsa. La storia viene incentrata nei sei mesi dell’anno 1953, in cui si snodano le vicende di marito e moglie alle prese con fantasmi del passato, giustificazioni, luoghi comuni e segreti rivelati, che sembrano mandare all’aria una macchina coniugale costruita anni prima, ben oliata, e da cui è anche arrivato un pargolo, Sonny, beniamino della famiglia. Come andrà a finire questo teso braccio di ferro? L’amore trionferà?
Questa è una storia di guerra. Non doveva esserlo, è cominciata come una storia d’amore, la storia di un matrimonio, ma la guerra le si è conficcata dappertutto come schegge di vetro. Non è la solita storia di uomini che vanno a combattere, ma di quelli che non ci sono andati: i vigliacchi e gli imboscati; quelli che hanno lasciato che un errore li sottraesse al loro dovere; quelli che hanno visto cosa li aspettava e si sono nascosti; quelli che hanno fatto una scelta e si sono rifiutati;
tratto da un passo del libro
2) IL PARAGRAFO DEL CUORE In questo libro ci sono davvero troppi paragrafi del cuore. Ho sottolineato molto, appuntato, cerchiato e via dicendo. Dovrei scrivere frasi infinite e non vorrei svelare troppi punti, che avete il diritto di scoprire da voi, man mano che leggete (piccolo spoiler: se volete qualche spunto/rivelazione, andate nelle stories in evidenza dell’account di ig… 😊). Ecco perché ho scelto come paragrafo del cuore proprio l’inizio del libro, perché era da tanto tempo che un incipit non mi sorprendeva a tal punto come in questo libro. Ne sono rimasta letteralmente affascinata, ma allo stesso tempo incuriosita. È stato come accendere un motore alla mia immaginazione e vorrei condividere questa emozione con tutti voi:
Crediamo tutti di conoscere la persona che amiamo. Nostro marito, nostra moglie. E li conosciamo davvero, anzi a volte siamo loro: a una festa, divisi in mezzo alla gente, ci troviamo a esprimere le loro opinioni, i loro gusti in fatto di libri e di cucina, a raccontare episodi che non sono nostri, ma loro. Li osserviamo quando parlano e quando guidano, notiamo come si vestono e come intingono una zolletta nel caffè e la guardano mentre da bianca diventa marrone, per poi, soddisfatti, lasciarla cadere nella tazza. Io osservavo la zolletta di mio marito tutte le mattine: ero una moglie attenta.Crediamo di conoscerli, di amarli. Ma ciò che amiamo si rivela una traduzione scadente da una lingua che conosciamo appena. Risalire all’originale è impossibile. E pur avendo visto tutto quello che c’era da vedere, che cosa abbiamo capito?Una mattina ci svegliamo. Accanto a noi, nel letto, il corpo familiare che dorme: uno straniero di tipo nuovo. A me è capitato nel 1953. Lì, a casa mia, ho visto una creatura che aveva la faccia di mio marito solo grazie a un sortilegio.Forse un matrimonio non si vede, un po’ come quei giganteschi corpi celesti che sfuggono all’occhio umano: lo si può monitorare solo in base alla forza di gravità, all’attrazione che esercita su tutto ciò che lo circonda. Mi sembra di doverlo scrutare così, il matrimonio, con tutti i suoi fatti nascosti, le parti segrete, perché finalmente mi si riveli, lontano, ruotando come una stella oscura.
3) DA LEGGERE SE… siete appassionati di storie familiari, di intrighi amorosi e di psicologia femminile (ma anche maschile)!
Pearlie è una donna sottomessa, ligia al dovere, rispettosa del marito e del figlio. Leggendo il libro, il suo ritratto appare chiaro: incarna il ritratto della donna degli anni ’50, ben disposta a sacrificarsi in nome della famiglia e a prendersi cura di casa e prole, senza che la fatica e la stanchezza gravino sulla sua mente e sul suo corpo. Mi sembra di vedere quelle pubblicità di una volta, in cui la donna è sempre intenta ad infornare o sfornare qualche torta o un buon pranzetto per il suo uomo. Non è solo questo però… la sua indole è mite, ma l’amore per suo marito Holland forte e duraturo nel tempo. La sua giovinezza è costellata dei ricordi dei loro incontri prima della sua partenza per la guerra, ed è davvero piacevole il modo in cui questi ricordi sono sparsi per le pagine del libro, regalando al lettore dei quadretti davvero romantici e che permettono di sognare e di immedesimarsi perfettamente. D’altro canto, invece il marito Holland è un personaggio ombroso, cagionevole di salute e debole, ma così bello, da non passare inosservato in nessun ambiente: dall’ospedale, in cui viene ricoverato durante la guerra, al quartiere appartato ai margini di San Francisco, dove si stabiliscono. Holland è descritto attraverso gli occhi di Pearlie, la quale distrugge spesso l’ideale che si era costruita negli anni del marito, ma che tenta in tutti i modi di salvarlo, per permettere alla sua concezione d’amore di prevalere su tutto ciò che è tenebra.
Ho detto che il dolore è rivelatore. A volte è quello che ci vuole per spezzare la solitudine, per aprire brevemente quella piccola finestra oltre noi stessi: la vita di qualcun altro.
tratto da un passo del libro
Il ruolo più eclettico è interpretato dall’amico di Holland, Buzz, un vecchio compare di guerra, che viene introdotto dopo poche pagine nella trama del libro, rendendo il ritmo movimentato fin da subito. Chi è Buzz? E cosa vuole da Pearlie e Holland? È questa la domanda che tormenta il lettore fino alla fine… e quanto è forte il legame che lega marito e moglie nel momento del bisogno? A questo punto devo svelare ciò che più mi ha colpito del rapporto di Pearlie e Holland: l’assenza di dialogo, l’assenza di un’intesa verbale durante tutti quegli anni passati a vivere il loro matrimonio e ad occuparsi dell’educazione del loro figlio Sonny. Pearlie dipinge Holland come un Dio, ma non si rapporta con lui in quanto uomo in carne ed ossa. Le loro conversazioni sono molto scarne, dando adito alla protagonista a continuare a vivere tra mille dubbi e congetture. Questo è il fulcro di tutto il romanzo, l’assenza delle buone parole, quelle che leniscono, quelle che mettono una toppa ad un problema, quelle che aiutano ad uscire dalle crisi…
[…] Mi ha guardata a lungo negli occhi senza aprire bocca – non sarebbe stato da lui pronunciare quelle parole -, ma sapevo dalla sua espressione che cosa voleva dirmi. Era quello di cui non avevamo mai parlato, quello che probabilmente mi voleva chiedere la sera dell’antiaerea lasciandosi sfuggire l’occasione. E questa era l’ultima che avrebbe mai avuto <<Dimmi se è questo che vuoi>>. […] Ma Holland non ha aperto bocca. Ha preso una scatola di fiammiferi dal taschino e mi ha guardata con un’espressione curiosa. Gli occhi gli si sono fatti grandi e la bocca gli si è piegata agli angoli, come una cosa lasciata sotto la pioggia, e nonostante tutto ho sentito l’impulso di correre da lui a consolarlo.
tratto da un passo del libro
Come qualcuno forse sa, non leggo qualsiasi cosa… i miei gusti sono difficili, non mi faccio impressionare dalla bella copertina o dal titolo sfizioso! Questo libro però mi ha ispirato soprattutto dal titolo. Ci sono momenti in cui i libri ti cercano e alla fine ti trovano. Penso che questo sia il caso di questa strana combinazione. Forse avevo bisogno di risposte o forse solamente di ispirazione!
Tuttavia, questo libro è entrato nella mia vita nel momento giusto! Spero che possa essere utile anche ai prossimi lettori che lo avvicineranno 😊
Oggi vi parlo di una delle ultime letture che ho terminato: “Come farfalle sull’acqua” di Monica Tedeschi, una talentuosa artista fotografa, alle prese con l’esordio di questa sua prima opera letteraria.
Per prima cosa, ecco i 3 punti,
per introdurvi al meglio questa recensione:
1) LA TRAMA. L’autrice
racconta la sua vita, fatta di una obbligata convivenza con la depressione
bipolare, causa e anche un po’ merito della sua difficile, ma straordinaria
crescita personale e professionale. La scrittura è scorrevole, vera, senza
filtri, senza edulcorazioni e senza congetture. Monica attraversa alcuni episodi
della sua biografia, spiegando con cura la sua esistenza costellata dall’eterno
conflitto di creazione e distruzione dato dalla depressione. Si ispezionano i
rapporti umani, le relazioni affettive e lavorative e le difficoltà nell’accettare
questo ostacolo, che arriva a forzare decisioni, rinunce e fughe.
2) IL PARAGRAFO DEL CUORE. Nasciamo
piangendo, cresciamo in conflitti interiori e sociali, diventiamo adulti in mondi
e società che cambiano repentinamente, invecchiamo spesso quasi mai pronti all’invecchiamo
stesso.
Viviamo sapendo di morire, due
estremi filosoficamente inaccettabili, sembra di essere venuti al mondo con una
conditio sine qua non.
È come se ci dicessero alla
nascita, quando gridiamo il primo pianto… ecco ora sei qui, ma è solo un
passaggio. Ora sei ma non si sa quando non sarai più.
3) DA LEGGERE SE… vuoi
approfondire questa tematica importantissima, ma spesso un po’ trascurata,
ovvero la depressione bipolare.
La depressione bipolare è una materia, che si può definire “moderna”, “ostica”
e in molti casi difficile da tenere sotto controllo. Mentre, leggevo il libro
di Monica, mi è capitato di soffermarmi per diversi minuti su alcuni brani del
suo racconto, di rileggerli 2 o 3 volte e di rimanere per alcuni secondi a
pensarci su.
Monica parla senza inibizione
delle sue alternanze di fasi profondamente depressive a fasi al contrario molto
euforiche. La destabilizzazione, che lascia questo gioco di cambiamenti, è dura
da combattere e non si può fare finta di niente.
Mentre leggevo il libro di
Monica, ho cominciato a guardare anche la miniserie “Modern Love” su Amazon Prime
Video. Tra il scettico e il sospettoso-andante, ho deciso di dare una
possibilità a questi otto episodi, che hanno l’intento di parlare dell’amore
dei “nostri” tempi, i tempi moderni, il nuovo millennio, che regala amori un po’
impossibili, o solamente un po’ indecisi a partire e a fare il botto. Ogni episodio
tratta di una storia d’amore particolare e sempre diversa, che viene poi
supportata nell’andare avanti o nel concludersi da una specie di “persona-catalizzatrice”,
che aiuta il/la protagonista a prendere la decisione giusta.
Uno degli episodi che più mi ha
colpito è proprio quello riguardante la depressione bipolare, che vede una
stupenda e bravissima Anna Hathaway, nel ruolo di una ragazza affetta da questo
disturbo. In questo episodio di Modern Love, viene fuori la sofferenza e la
difficoltà nel mantenere e approfondire anche solamente una conoscenza con un
ragazzo incontrato una mattina qualunque in un supermercato. Anna Hathaway, che
interpreta il ruolo di un avvocato in carriera, combattuta dal confronto che
subisce tutti i giorni nel lavoro e in famiglia con il bipolarismo, riesce
finalmente ad essere aiutata dalla sua collega (ecco, che compare la
catalizzatrice!) ad uscire dalla bolla di sapone che si era costruita. E…
finalmente anche io ho avuto il mio lieto fine! 😊
Guardando questa storia e continuando
a leggere Monica, ho trovato davvero tanti punti in comune: primo fra tutti, il
dispiacere di rinunciare a qualsiasi sfida, relazione o situazione. Seconda
cosa, la continua necessità di fuggire e cambiare vita, che nasconde una
necessità di scappare da un destino più grande di sé stessi, in alcuni momenti
troppo impegnativo per far sì che venga affrontato da sole/i. Come in Modern
Love, anche nel libro di Monica sono riuscita a trovare LA persona
catalizzatrice, che è incaricata di cambiare le sorti dei nostri destini e
regalarci il nostro MERITATO (seppur sofferto) lieto fine: proprio il suo papà,
che fin dalla scoperta del bipolarismo, non abbandona Monica in nessun momento,
diventando una delle spalle migliori a cui affidarsi e spronandola a dare
sempre il meglio di sé stessa in tutto ciò che crea, affronta o semplicemente
vive!
“Come farfalle sull’acqua” è un libro stimolante, da cui non riesci a staccarti, fin dalla prima pagina!
Spero che lo leggerete presto! Alla prossima recensione! Bye!
Cercherò periodicamente di parlare delle letture che intraprendo, concentrandomi su quelle che maggiormente mi colpiranno (ovviamente, no? 😊 ). Inizio con il dare un layout a questa nuova rubrica del blog. Perciò, prima di sciorinare tutto ciò che di bello mi è piaciuto dei libri, di cui tratterò, aprirò sempre la sezione della recensione con questi 3 punti introduttivi:
La trama
Il paragrafo del cuore
Da leggere se…
in modo da darvi un primo “assaggio” di quello di cui si andrà a parlare nella recensione. I 3 punti servono anche per capire se può essere un libro, che stuzzica la vostra curiosità o meno, quindi leggeteli attentamente, vi sapranno consigliare 😊
Inauguriamo questa nuova rassegna con un libro, che mi ha davvero appassionato: “Lo Scopatore di Anime” di Pablo T, il quale autore mi aveva preannunciato che sarebbe stata una lettura tosta (anche se le parole, che ha usato lui, sono state altre! 😊 ).
Andiamo, quindi, a scoprire i 3
punti:
1) LA TRAMA. Rendiè è uno scrittore e poeta, che ha perso apparentemente l’ispirazione e il coraggio di comporre. Vive in un piccolo appartamento in periferia e durante il giorno lavora in una società di assicurazioni come archivista e addetto ai reclami. La sua inadeguatezza nei confronti del mondo e il suo rifiuto per adeguarsi alla società in cui vive, lo rendono nervoso e deluso nei confronti della vita stessa. L’incontro con Regina, la “bionda intelligente dalle gambe di gazzella”, riesce a scuoterlo un poco, anche se il rapporto tra di loro è complicato. La sua stanchezza morale prenderà il sopravvento e lo porterà a prendere una decisione risolutiva per imporsi sul mondo con parole profetiche e vere.
2) IL PARAGRAFO DEL CUORE. ” Bisogna andare. Non so dove. Ma, dobbiamo andare. Due occhi non possono mai bastare, la strada t’insegna e ti mastica nello stesso momento. Per questo fottuto egoismo, necessito dei tuoi capelli come radici sulle quali aggrapparmi, dei tuoi occhi come fari nella notte nuda ed insensata, ho bisogno di mani come voli di rondine da cui ripartire. Perché il viaggiatore ha patria nel vento, alberga nei più piccoli pensieri, si orienta con gli odori, punta le stelle e, qualche volta sorride. Ti porta con sé, ti indossa sugli occhi e, sollevandosi il bavaro della giacca, ringrazia di essere ancora vivo.”
3) DA LEGGERE SE… vuoi sentire una voce grossa che spezza un coro di voci monotono, se il sistema ti sta stretto, se la provocazione è il tuo stile di vita!
È proprio l’inizio del libro che ti lascia senza fiato. Non ero arrivata a pagina 5, che già avevo la percezione che ciò che da sempre penso della società odierna fosse riuscito a scriverlo Pablo T in poche pagine: le parole sono quelle giuste, il tono anche e i modi pure! Mi sono sentita protagonista del libro, come se al suo posto ci fossi davvero io! Dopo aver letto poche pagine, è stato inevitabile non pensare: “Finalmente qualcuno che riesce a dire in modo così chiaro ed esaustivo quello che ho in testa!”.
La voce di Rendiè è la voce di tutti coloro che sono stufi di dover subire le apparenze o essere schiavi del dio denaro o trovarsi in un mondo popolato solo da beni materiali, più che da ideali e filosofie. Tutti noi possiamo essere Rendiè; i problemi che affronta sono quelli che noi, popolo del 2000, siamo costretti ad affrontare. Le sue incertezze sono le nostre, come la mancanza di punti fermi, ma anche di modelli di riferimento.
Mentre ero impegnata in questa lettura, è capitato di andare al cinema a vedere il nuovo film “Joker”, con lo strepitoso Joaquin Phoenix. Ho notato una certa somiglianza “stilistica” tra Rendiè e Joker. Entrambi sono personaggi in continuo contrasto e antitesi con la società, in cui vivono, ma che cercano in tutti i modi di emergere per sopravvivere, tentando di mettere la testa fuori dall’acqua per respirare. Rendiè è un modello positivo, che attraverso la forza del suo talento e del suo animo, trova un compromesso, che esplode nell’amore e nella autorealizzazione nella vita che ne scaturisce.
Mentre, Joker, purtroppo, un po’ meno fortunato, intraprende un altro tipo di strada, quella più buia e triste. Il messaggio finale, che fa riflettere, è come l’ambiente circostante possa influenzare a tal punto le decisioni di vita di un personaggio, come possa affossarlo, estrometterlo ed esiliarlo dal condurre una vita “normale”. Come sempre, è il bene che vince su tutto, quello che si trova in ognuno, grazie al quale si lotta a tutti i costi, pur di farlo trionfare sempre. Solo in questo modo la società può venir messa a tacere… una buona volta.
Pablo T conduce la scrittura magistralmente, il suo stile è accattivante, tagliente, a tratti poetico, in alcuni momenti diretto e convulso. In alcune pagine, sembra quasi di essere ad un tavolo di un bar a prendere un caffè con Rendiè, talmente si è presi ad esplorare il suo mondo introspettivo, le sue paure, i suoi pensieri e la sua filosofia di vita. Poi, come per magia, la sua vita si snoda, si avviluppa e si scioglie ancora, portandolo ad una formazione completa del suo io più profondo.
Lettura assolutamente consigliata!
Il libro è stato pubblicato per la prima volta nel 2013, ma nel 2019 ha avuto una nuova pubblicazione con la casa editrice Letteratura Alternativa. Da quando ha vita, l’opera è stata considerata un manifesto in controtendenza, un libro che fa schierare, grazie al quale non si può non prendere una posizione! A mio parere, è uno di quei titoli che serve a scrollare la coscienza pubblica del terzo millennio, che parla e scuote le masse (sia di moralisti e perbenisti, ma anche di rivoluzionari e innovatori), una di quelle letture, che diventerà pietra miliare dei nostri tempi, proprio perché già il titolo stesso ha il compito di spezzare le catene dell’ipocrisia.
Tra gli altri libri che consiglio
dello stesso autore, cito:
Ritratto borghese
Verrà qualcuno a salvarti
letture, che mi hanno accompagnato
per tutta l’estate 2019!
Enjoy them!
…e se il libro ti è piaciuto, commenta ovunque vuoi!